Duemila anni fa, uscendo di casa la mattina, forse avremmo sentito una nonna, una madre o una nutrice raccontare ai bambini la storia di Rodopi, una bellissima cortigiana egiziana che un giorno, mentre faceva il bagno, vide un’aquila piombare giù dal cielo e ghermire un suo sandalo. Il rapace volò a Menfi e fece cadere il sandalo in grembo al faraone che, incantato dalla calzatura, ordinò che ci cercasse in tutto l’Egitto la donna a cui apparteneva. Dopo averla trovata, la sposò e, alla sua morte, le fece erigere una suntuosa piramide. Se questa storia poteva tutto sommato apparire abbastanza paludata, ben diversa era l’impressione suscitata da un altro racconto destinato ai bambini, quello in cui la Lamia, uno spauracchio antropofago, messa alle strette e catturata, si difendeva con una flatulenza. Giunti nel foro, avremmo potuto udire come un uomo di Abdera (una città della Tracia famosa per la “stupidità” dei suoi abitanti) sognasse di vendere un porcellino chiedendo cento denari: «Mentre uno gliene offriva cinquanta, e lui non voleva accettarli, si svegliò. Allora, chiusi gli occhi e allungata la mano, disse: “Vada per i cinquanta!”». Subito dopo avremmo ascoltato un retore ricordare come il poeta Archiloco avesse acquisito la sua maestria con la lira in seguito a un incontro notturno con le Muse, quand’era ancora un ragazzo; e infine la sera, a banchetto, un nostro vicino di posto avrebbe raccontato indignato di come un giorno si fosse presentato all’imperatore un artigiano con una coppa di vetro che, gettata per terra, non si rompeva: il recipiente si limitava ad ammaccarsi e si poteva facilmente riparare, tornando come nuovo. L’imperatore, quando seppe che nessun altro era a conoscenza del procedimento per fabbricare questo vetro prodigioso, fece immediatamente decapitare l’inventore, per paura che questo nuovo ritrovato facesse precipitare il valore dell’oro. Cambiano la scenografia e i costumi, cambia qualche dettaglio della trama, cambia il mezzo di comunicazione…, ma così come un Rigoletto inscenato filologicamente in teatro e uno visto in televisione, recitato in abiti moderni e con qualche libertà di regia, sono comunque la stessa opera, così questi folktales antichi corrispondono nei loro tratti caratterizzanti alle analoghe narrazioni contemporanee – e alle molte altre versioni che, spesso silenziosamente e senza quasi lasciare traccia, si collocano tra questi due affioramenti scritti.
(da T. Braccini, Lupus in fabula. Fiabe, leggende e barzellette in Grecia e a Roma, Roma, Carocci, 2018, pp. 12-13)*
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