• Arte e sacro

    Il ruolo delle pratiche artistiche nelle tradizioni religiose

Lutero e le immagini

Dalla Riforma all’arte contemporanea

  • François Bœspflug

    Teologo, storico dell’arte e storico delle religioni, è professore emerito dell’Università di Strasburgo

  • venerdì 28 Marzo 2025 - ore 17.30
Centro Studi Religiosi

«Condannando categoricamente […] ogni devastazione ispirata dallo spirito di Karlstadt, Lutero ha segnato uno dei momenti essenziali nella storia della Riforma» (S. Michalskj, L’espansione iniziale dell’iconoclastia protestante 1521-1537), il quale ha avuto ripercussioni su scala mondiale e fino ai nostri giorni. Il punto di vista moderato e tutto sommato iconofilo di Lutero sembra oggi (finalmente) sul punto di trionfare nella storia del protestantesimo, ma forse è possibile una riflessione ulteriore.

Nel meditare sulle immagini più diffuse del suo tempo, il punto di vista del Riformatore era di ordine radicalmente teologale. La sua valutazione delle immagini, infatti, non aveva nulla di strettamente mondano (è vero che l’arte non era ancora oggetto di mode o il genio degli artisti di particolare enfasi, tranne forse a Roma), nulla di tattico o di politico, così come di didattico o pedagogico, e non aveva nulla a che vedere con una valutazione prettamente estetica.

Il termine teologale deriva dal lessico dei teologi. Nel settenario delle virtù redatto dagli scolastici, a differenza delle cosiddette virtù cardinali (prudenza, giustizia, forza e temperanza) e delle altre virtù morali, le tre virtù teologali (fede, speranza e carità) sono tali perché hanno Dio stesso come “oggetto” o come “compagno” principale, se non esclusivo, e perché strutturano e trasformano il rapporto con Dio di chi le pratica. Introdurre questa nozione, del tutto assente dal linguaggio degli storici dell’arte come da quello dei sociologi e, a maggior ragione, dei giornalisti, implica un’idea che Lutero ha illustrato senza affermarla esplicitamente e che a mia volta sostengo. Le opere d’arte sono suscettibili di una valutazione non solo teologica, nel senso in cui i teologi possono valutare il grado di profondità e correttezza dogmatica di un’opera d’arte cristiana, ma propriamente teologale, nella misura in cui, senza dubbio, anche se non sempre vi prestiamo attenzione, le immagini che rimandano alla Bibbia e alla teologia possono essere più o meno capaci di stimolare o di deprimere la fede, la speranza e la carità. Come osservò Lutero esaminando se stesso, infatti, vi sono immagini che possono risultare davvero scoraggianti e disperate.

Il modo di procedere di Lutero ci fa desiderare di vedere il criterio teologale applicato più spesso e più vigorosamente di quanto non avvenga solitamente nei rapporti che gli uomini di Chiesa intrattengono con l’arte e con gli artisti contemporanei, sia quando si tratta di giudicare il valore duraturo e l’eventuale collocazione delle loro opere nelle chiese, sia quando, attraverso le loro riproduzioni nelle opere liturgiche o catechistiche, è in gioco la rappresentazione della pietà personale o della comunione ecclesiale.

Da questo punto di vista è lecito esprimere più di una riserva sull’accoglienza entusiastica e lusinghiera accordata a molte opere che, non potendo trarne alcun nutrimento o gioia, c’è da scommetterci, presto saranno destinate ai magazzini. Il valore teologale di un’opera d’arte di soggetto religioso è una pietra di paragone. Certe opere accolte o addirittura lodate con favore per ragioni che si possono definire tattiche, strategiche o diplomatiche, contengono una dose di provocazione che forse le rende “interessanti” dal punto di vista “socio-culturale”, ma del tutto inopportune da un punto di vista teologale. Altre, senza voler offendere nessuno, semplicemente non portano nulla, se non un furtivo piacere estetico, a causa della loro tavolozza accattivante – che la tradizione protestante, sia detto di sfuggita, ha messo in discussione, al punto da praticare una certa cromofobia. Ciò è particolarmente vero nel caso di molte opere d’arte che sprofondano nell’astrazione, perdendo così ogni contatto con la Bibbia, i dogmi, la liturgia o semplicemente con i momenti salienti della vita umana. Un’arte separata da ogni riferimento riconoscibile con la Sacra Scrittura, con la liturgia o con il dogma, e soprattutto preoccupata soltanto di essere “provocatoria” o “sovversiva”, non può essere in sintonia con ciò che alimenta la fede, la speranza e la carità.

Ritornare al Lutero che parla delle immagini del suo tempo può restituire il gusto del guardare meglio, in modo più reattivo e soprattutto più lucido.

(da F. Boespflug, Les étapes de la réflexion de Luther sur l’usage des images religieuses, in Lutero, la Riforma e le arti. L’articolato rapporto con la pittura, l’architettura e la musica, a cura di F. Boespflug e E. Fogliadini, Milano, Glossa, 2017, pp. 49-52)*

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