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La relazione tra l’inviolabilità dei diritti dell’uomo e il principio della neutralità attiva dello Stato comporta che allo Stato spetti l’obbligo di assicurare ai singoli uno spazio di azione in cui la personalità possa manifestarsi su di un piano ideologico-religioso.
La libertà di fede, di coscienza e di confessione ideologica e religiosa è un diritto di difesa dell’uomo rispetto allo Stato, e ciò implica che lo Stato non deve interferire nel libero esercizio di religione. Ma se esso interviene in un determinato settore della vita civile, come la scuola, allora il criterio della neutralità attiva, fondato sul principio di uguaglianza, postula che se lo Stato sostiene individui o gruppi di una determinata fede, deve sostenere anche tutti gli altri individui o gruppi allo stesso modo. Così l’adesione, enunciata in un ordinamento giuridico, da parte di una maggioranza ad una determinata confessione religiosa, non comporta l’esposizione dei simboli di quella religione, quanto piuttosto la tutela delle minoranze.
Appaiono ora più chiari i termini del conflitto tra la libertà di fede positiva e quella negativa. Alla libertà di fede in senso positivo appartiene non solo la libertà di avere una fede, ma anche la libertà di vivere e agire secondo le proprie convinzioni di fede.
(Gustavo Gozzi, Democrazia e diritti. Germania: dallo Stato di diritto alla democrazia costituzionale, Laterza, Roma- Bari, 1999, pp. 249-250*)
Riferimenti Bibliografici
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