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La nostra chiave di lettura delle dinamiche strutturali resta quella propriamente smithiana. La «ricchezza delle nazioni» è legata alla produzione, al lavoro, all’apprendimento. È la capacità di organizzare il lavoro produttivo in forme adeguate all’effettiva estensione del mercato che determina il posizionamento strategico delle imprese e nell’insieme la crescita dell’economia. L’apertura regolata del mercato realizzata attraverso un’unione doganale, l’apertura dei mercati realizzata togliendo vincoli alla mobilità dei beni e dei capitali è dunque essa stessa la prima azione di politica industriale perché induce le imprese a riorganizzarsi rispetto al nuovo mercato e ai nuovi contendenti.
L’evoluzione dell’Unione Europea è dunque la prima politica industriale, perché obbliga a porre a confronto le organizzazioni produttive, fino a ieri protette dalle rispettive istituzioni nazionali. Ma in questa apertura si possono evidenziare fattori distorsivi legati proprio al ruolo dello Stato, dagli aiuti dati alle singole imprese al ruolo delle imprese pubbliche. A questi due pilastri già presenti nel primo Trattato si aggiungono nel tempo le attenzioni al territorio e all’innovazione, come fatti che possono rendere più dinamica la concorrenza, permettendo a nuovi competitori di entrare sul mercato. Un quadro questo che ha delineato un nuovo modo di intendere la politica industriale, resosi ancor più evidente dall’insuccesso di tutte quelle azioni che invece tendevano a portare a livello europeo le vecchie pratiche nazionali, dai cartelli di crisi ai campioni nazionali.
L’attenzione per il territorio, espresso con le politiche strutturali dell’Unione, poneva in evidenza come proprio un contesto territoriale debba essere inteso come un’esternalità essenziale per lo sviluppo. La densità delle istituzioni educative e di ricerca, di garanzia sociale e di sicurezza per i cittadini determinano condizioni di agglomerazione tali da permettere uno sviluppo significativo di imprese minori che, se riunite fra loro, possono esprimere una notevole forza dinamica nell’ambito dell’Unione. Similmente l’innovazione come fattore di accelerazione delle dinamiche economiche non si può ridurre alla sola tecnologia, ma anche all’innovazione organizzativa, in una società che riconosce nella conoscenza e nell’apprendimento i suoi fattori principali di crescita.
(da P. Bianchi e S. Labory, Le nuove politiche industriali dell’Unione Europea, Bologna, il Mulino, 2009, p. 16)*
Riferimenti Bibliografici
(*) I titoli contrassegnati con l'asterisco sono disponibili, o in corso di acquisizione, per la consultazione e il prestito presso la Biblioteca della Fondazione Collegio San Carlo (lun.-ven. 9-19)
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