Le visioni mariane degli ultimi anni possono essere considerate come una riproposizione di antichi modelli di effervescenza visionaria del mondo cattolico oppure come nuovi, inediti mescolamenti di modelli devozionali tradizionali con esperienze di percezione proprie del mondo contemporaneo, favorite da una sorta di tecnologizzazione del mondo e in esso della percezione visiva.
Se si adotta questo secondo approccio si ragiona sul progressivo slittamento della dimensione del “religioso”, della stessa dimensione dell’esperienza individuale di esso, nella dimensione del “tecnologico”, che diventa il livello di esperienza reale, la misura della “verità” e il modello di riferimento. La prevalenza del “tecnologico” si traduce in un indebolimento della soggettività sia del credente che dell’entità in cui egli crede. Si pensi ad esempio al fenomeno delle fotografie della Madonna che circolano tra i devoti delle apparizioni. La macchina fotografica è considerata, nei luoghi di visioni mariane, capace di fissare l’immagine della Madonna, anche se il fotografo non vede direttamente la Madonna e persino se quest’ultima “non se ne accorge”. La forza assegnata alla tecnologia fotografica modifica profondamente i rapporti tra devoti e Madonne: questa non sceglie più i devoti cui vuole apparire, ma è catturata dalla fotografia; dal canto loro i devoti sanno che non è una loro particolare abilità o condizione che assicurerà la riuscita della foto, ma il livello sofisticato della loro macchina fotografica.
Ancora più notevole è la diffusione dell'”esperimento del soprannaturale”, cioè della verifica sperimentale degli effetti sensibili della manifestazione delle entità celesti, in altre parole della prova stessa dell’esistenza della dimensione trascendente per mezzo della sperimentazione tecnologica (più che scientifica in senso stretto).
Uno degli effetti più inediti, almeno nella tradizione cattolica, di questa nuova forma di esperienza religiosa è la banalizzazione del soprannaturale. Infatti il ricorso alla tecnologia come medium tra l’orizzontale dell’esistenza ed il verticale del trascendente consente un’infinita possibilità di collegamento percepibile orizzontale-verticale e conseguentemente la neutralizzazione dell’aura del rischio, del tremendum e così via.
In particolare poi tra le strumentazioni di mediazione tecnologica, il ruolo centrale è occupato dalla TV, che si è trasformata nel luogo-modello di esperienza esistenziale e quindi anche di esperienza religiosa, con effetti, anche per questo, di ulteriore banalizzazione mediatica. L’immagine “apparsa” ricava il suo statuto dal modello dell’immagine elettronica, di cui appare come una forma contigua.
Ma la centralità della TV pone anche inediti problemi di intervallo e confine tra la realtà e la sua rappresentazione televisiva. Lo schermo della televisione può essere vissuto, secondo la modalità principale e corrente, come una barriera, che separa l’immagine e la realtà (abbiamo in corrispondenza esperienze di “veggenza debole” in cui il veggente dichiara di avere assistito a eventi o immagini dell'”altro mondo” con cui il contatto è stato esclusivamente visivo). Ma lo schermo può essere anche un ponte, che unisce le due realtà dell’al di qua e dell’al di là dello schermo (abbiamo allora da una parte i sorprendenti fenomeni di televisione taumaturgica, dall’altra i fenomeni di “veggenza forte”, cioè di vera e propria interazione del veggente con l’entità con cui dichiara di essere entrato in contatto).
Riferimenti Bibliografici
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Testi di riferimento per la lezione
- P. Apolito, Il cielo in terra, Bologna, Il Mulino, 1992, pp. 235-263.*
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