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Si perfezionano le arti con lunghezza di fatica e di studio: Et in omni negotio longe semper a perfecto fuere principia, come disse già Seneca; per la qual cosa egli parrebbe che si avesse a terminare questa lite in favore della modernità, posciaché tutte le cose, le quali dalla natura o dall’arte hanno origine, per ordinario, imperfetto sogliono avere il principio loro, e quindi coll’esperienza e coll’industria degli uomini andarsi di mano in mano dirozzando e avanzando. Ma debole è tale maniera di argomentare, imperocché le medesime arti e dottrine non sempre si vanno con un seguito corso di molti ingegni eccellenti continuando, ma ora cadono in mano di gente di tardo e fiacco intelletto che le ritorna indietro, ora si estinguono e mancano affatto, come nella decrepità dell’imperio romano avvenne all’Italia, la quale, per un lunghissimo tratto di molti secoli sconvolta e corseggiata da’ barbari, mancò non solamente dell’eccellenza di tutte quelle arti che soleano fiorire in lei, ma, ancora può dirsi, della mediocrità. Le pestilenze, le penurie e le guerre spengono gli uomini e le arti. Tutte le professioni che hanno nascimento e gioventù e perfezione, hanno anche vecchiezza e morte; e come alle volte crescono e si dilatano a salti, così talora mancano in un istante. (…) Ora da non molti anni in qua, pare che Iddio, mosso a compassione delle miserie sue [dell’Italia] l’abbia quasi che di cieca ralluminata; e che in un medesimo tempo abbia nelle vicine provincie tali spiriti rinnovati, che non pur sieno per esser riguardevoli a’ posteri, ma con la antica virtù romana e greca possano ardir concorrere. Io addurrò le ragioni che per l’una parte e per l’altra sovvenirommi, e i lettori saranno i giudici, i quali prego però a spogliarsi di quell’affetto, col quale sogliamo sempre far molta stima delle cose passate di lunga mano e disprezzar le presenti. (…) Sia questo o per l’invidia degli emuli, avendo i morti già superata l’invidia, o sia l’istinto naturale che abbiamo tutti d’apprezzar poco le cose presenti e d’ammirar le lontane. (A. Tassoni, Paragone degli ingegni antichi e moderni, Lanciano,Carabba, 1918, pp. 101-04*)
Riferimenti Bibliografici
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