Il sentimento del sublime viene descritto e tematizzato filosoficamente all’incirca a metà del XVIII secolo, nell’ambito di una ridefinizione dell’esperienza della natura in cui l’emozione del soggetto viene posta al centro. Di fronte al violento terremoto di Lisbona del 1755, la filosofia europea si interroga sulla volontà divina nella catastrofe dando luogo all’importante dibattito sulla teodicea, che coinvolge Rousseau, Voltaire, Kant. In che modo, dunque, è cambiato il nostro rapporto con il sacro e con la natura a partire dal Settecento? È ancora possibile sperimentare l’elemento di sacralità e di mistero che tradizionalmente è stato attribuito alla natura? Kant si pone anche queste domande quando definisce il sentimento del sublime come “l’orrore e il brivido sacro”, come la disposizione d’animo più adeguata sia di fronte al mistero della creazione (Genesi) sia di fronte all’esibizione della potenza divina che si rivela nella natura (Apocalisse). Ma è ancora possibile provare questa emozione in un’epoca, come la nostra, in cui predomina la convinzione del dominio scientifico sulla natura?