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Incremento demografico ed espansione economica del secondo Quattrocento e crisi generale del primo Seicento condizionano in parte l’espansione delle istituzioni monastiche, ora favorendo la nascita di nuove forme di aggregazione religiosa, ora incentivando fenomeni di irrigidimento degli ordini monastici tradizionali. Il lento e diversificato processo di formazione dello «Stato moderno», nelle dimensioni regionali degli antichi Stati italiani o in quelle «nazionali» degli Stati europei, influisce in maniera considerevole nella organizzazione delle chiese che scaturiscono dalla riforma protestante e nel riassetto della Chiesa romana, contribuendo ad accentuare gli aspetti di razionalizzazione e disciplinamento sociale già presenti nelle nuove confessioni religiose e nella Chiesa cattolica post-tridentina. Ma è soprattutto il lento processo di secolarizzazione della politica, attuatosi tramite l’istituto del giuramento, che trova nel secolo XVI il punto più alto di teorizzazione e applicazione, a conferire dimensioni nuove e diverse al fenomeno religioso. Nell’evoluzione dei modelli di santità e nella trasformazione di movimenti e aggregazioni monastiche femminili, resta comunque determinante l’incidenza culturale delle discussioni relative al culto dei santi, alle immagini sacre e ai voti monastici che si sviluppano negli ambienti intellettuali degli umanisti italiani ed europei nel secondo Quattrocento, per trovare poi fondamenti teologici e prassi cultuali rinnovate nelle chiese della riforma e nella cattolicità post-tridentina.
Tornerò in seguito più analiticamente su alcuni dei processi e movimenti culturali qui accennati, mi preme però fin d’ora indicare gli elementi che mi sembrano caratterizzare una svolta epocale nella religione del secolo XVI: il rifiuto della religiosità «del corpo» tipica del periodo basso medievale in favore di una concezione interiore della religione; il rifiuto degli aspetti leggendari e mitici delle credenze religiose in nome della «storicità» dei fenomeni relativi alla santità; il diverso ruolo del matrimonio e della famiglia nei confronti dell’educazione religiosa, determinato dall’abolizione delle istituzioni monastiche nelle chiese della Riforma protestante. Conseguenza diretta e immediata di questi mutamenti culturali è il progressivo eclissarsi delle posizioni di leadership che le donne avevano conseguito tra i secoli XIII-XVI e l’instaurarsi di una «religione maschile», caratterizzata dall’interiorizzazione e razionalizzazione dei fenomeni religiosi la cui direzione è riconosciuta ufficialmente all’autorità dei Padri: siano essi i pastori, i padri spirituali, gli inquisitori o i padri di famiglia. Anche sul piano prettamente teologico la religione protestante si qualifica come religione del Padre, cui nessuna figura femminile fa da contrappeso.
Eclissata dal culto la venerazione per la Vergine Maria, la centralità del mistero della redenzione perpetrata dalla morte vicaria del Cristo crocifisso non viene meno, ma il ruolo dell’Incarnazione non costituisce più momento essenziale della missione redentrice del Figlio di Dio. Il Padre è unico attore dell’atto di Misericordia che perdona i peccati e giustifica il credente. La stessa concezione luterana della giustizia «imputata» trasferisce a Dio, che copre con un mantello le colpe dei fedeli in virtù dei meriti di Cristo, l’attributo iconografico unico della Vergine della Misericordia, applicato nel basso medioevo non solo alla Madonna, ma anche a figure femminili mitiche come la Vergine Orsola. Rivestire il Padre di attributi materni non significa tuttavia recuperare al «femminile» quei tratti che avevano caratterizzato fino a quel momento la religione della Chiesa romana. Il rifiuto luterano e riformato del Purgatorio ha come conseguenza un ulteriore allontanamento dagli elementi caratteristici della santità femminile, il cui ruolo di intermediazione con il mondo dei morti aveva assunto forme diffuse e popolari tanto da incentivare culti ritenuti ortodossi e alimentare credenze stregonesche.
(da G. Zarri, Dalla profezia alla disciplina. 1450-1650, in L. Scaraffia e G. Zarri, a cura di, Donne e fede. Santità e vita religiosa in Italia, Roma-Bari, Laterza, 1994, pp. 181-183)*
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