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Lungo tutto il corso del Novecento l’Europa Occidentale, guardando le cose dall’angolo visuale dei singoli Stati-nazione, è stata attraversata da più «modelli di capitalismo»: le diversità risiedevano (e in molti casi tuttora risiedono) sia in aspetti eminentemente economici sia in aspetti sociali legati ai sistemi di welfare state. Senza pretesa di completezza, si possono ricordare le seguenti classificazioni:
(a) il «Capitalismo personale» della Gran Bretagna e il «Capitalismo manageriale cooperativo» della Germania, secondo l’analisi comparata di A. Chandler Jr;
(b) il «Renano» e il «Neo-americano (o Anglosassone»), per dirla con l’efficace descrizione, all’indomani della caduta del muro di Berlino, di M. Albert;
(c) il «Capitalismo di borsa» e il «Capitalismo di Welfare», secondo R. Dore;
(d) le «Liberal market economies» e le «Coordinated market economies», secondo gli studiosi di Harvard e del MIT coordinati da P. Hall e D. Soskice;
(e) i quattro modelli, riferiti ad altrettante aree geografiche, esposti da A. Sapir all’Ecofin di Manchester nel settembre 2005, ossia i paesi «Nordici, Anglosassoni, Continentali e Mediterranei».
Guardando, ora, le cose in quest’inizio di secolo dall’angolo visuale dell’Europa unita, ci troviamo di fronte a una straordinaria esperienza economico-istituzionale – unica al mondo – che ha saputo realizzare tre grandi idee: il «mercato interno» (le 4 libertà di circolazione), l’«Unione monetaria» (la moneta comune) e lo storico «allargamento» verso Est (che ha fatto seguito a quelli verso Sud e verso i Paesi scandinavi). Ove il successo non è ancora pari alle aspettative è nella quarta grande idea dell’Europa comunitaria: la «Strategia di Lisbona», volta alla modernizzazione dell’economia e del modello sociale europeo. È ragionevolmente possibile intravedere, oggigiorno, un punto di contatto fra queste due dinamiche, che oramai possiamo definire secolari? Ossia, l’esistenza di una «varietà di capitalismi» (che però tendono a convergere in non pochi aspetti economico-sociali) e, nel contempo, il farsi dell’Europa unita (particolarmente consistente nel dominio dell’economia)?