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La civiltà dell’Egitto antico è comunemente definita “civiltà di scrittura”, sebbene la popolazione egiziana fosse formata da una massa di analfabeti, da una piccola élite di persone letterate e/o alfabetizzate che scrivevano e leggevano tanto la scrittura iconica geroglifica quando l’aniconica ieratica, e da una sub-élite parzialmente alfabetizzata, che possedeva cioè solo le basi per scrivere e leggere lo ieratico o eventualmente, a partire dall’Epoca Tarda, il demotico. […] Gli scribi hanno avuto un ruolo cruciale nel funzionamento dello stato egiziano fin dall’inizio del III millennio a.C. Potevano svolgere funzioni molto diverse nell’amministrazione del Paese ed essere in modo più specifico pittori, architetti, medici, matematici, teologici e nello stesso tempo anche “scrittori”. In teoria, i loro ruoli non erano nettamente separati l’uno dall’altro. Dall’evidenza indiretta nei testi e nelle raffigurazioni, possiamo dedurre che l’istruzione primaria era garantita dal padre (o dalla madre) al figlio. Gli “Insegnamenti”, un tipo di testi molto diffusi in Egitto, sono espressione diretta della saggezza che il genitore vuole trasmettere al figlio, o uno scriba/funzionario a un membro della sua stessa cerchia professionale o sociale. Esprimono valori assai conformisti, saldamente radicati nella tradizione, e combinano principi morali e consigli pratici finalizzati alla formazione di una persona che doveva essere in grado di garantire il perdurare di un sistema che era alla base dell’“ordine del mondo”. La professione di scriba era considerata una delle più nobili che potesse esistere ed era raccomandata ai giovani in testi come la Kemit o l’Insegnamento di Khety, ovvero nelle “miscellanee” del Nuovo Regno che si configurano come testi di nuova elaborazione o di trasmissione e rielaborazione. Relegare tale “miscellanee” in ambito puramente scolastico, come è stato fatto in passato, è erroneo. Si tratta di testi redatti da scribi professionisti sicuri della loro arte, ben scritti, ben impaginati e caratterizzati da una forte intertestualità, con variazioni e richiami a diversi componimenti, che mostrano una pratica attiva della scrittura. Le scuole, di cui si ha testimonianza nei testi e nei ritrovamenti archeologici, erano viste come un luogo e un modo di promozione sociale. Potevano trovarsi tanto presso la Residenza reale quanto nelle vicinanze dei templi, come quello “dei Milioni di Anni” di Ramesse II a Tebe Ovest: dalla scuola annessa a questo tempio provengono, oltre a ostraka con esercizi, anche biglie da gioco forse usate nei momenti di ricreazione.
(da P. Piacentini, Tradizione, trasmissione, traduzione nell’Egitto faraonico, in Egitto e Vicino Oriente antico tra passato e futuro, a cura di S. Graziani e G. Lacerenza, Roma, UniorPress, 2022, pp. 67-76)