Linguaggio del potere e linguaggio della filosofia
Professore di Storia della filosofia - Università di Modena e Reggio Emilia
Leo Strauss è filosofo “eccentrico”, tanto per la prospettiva “antimoderna” dei suoi testi teorici, quanto per gli interessi interdisciplinari dei suoi studi letterari (da Platone a Spinoza, da Senofonte a Machiavelli, da Hobbes a Nietzsche). Forse a causa di tale “eccentricità”, Strauss è rimasto un autore controverso che ha suscitato più polemiche o consensi di carattere ideologico che non tentativi di effettiva comprensione. Questo libro costituisce la prima monografia – in ambito non solo italiano – che affronta l’opera straussiana nel suo complesso, fornendone una corretta indagine storico-tematica che serve anche da caleidoscopio per la rilettura di alcuni momenti centrali della filosofia politica nel Novecento. Le famose tesi straussiane della superiorità degli antichi sui moderni sono qui interpretate alla luce non solo della crisi della filosofia politica contemporanea, ma anche della profonda riflessione sulla natura “oppositiva” della filosofia determinata dalla persecuzione politica e religiosa. Ne emerge la figura di un filosofo “corrosivo” e “inorganico” che mette a nudo la radicale alterità della filosofia e il suo potenziale critico. Di qui la peculiarità ermeneutica che la scrittura filosofica – che è scrittura reticente – chiede all’interprete, in un singolare intreccio di riflessione filosofica, ricerca storica e analisi del testo. Di qui i caratteri di una sociologia della filosofia che rende conto del ruolo politico del filosofo capace di leggere dall’interno, e quindi di minare, i segreti del potere e della politica.
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