Il libro di Hadot ci presenta il pensiero filosofico antico come opzione esistenziale e pratica di vita, confrontandolo con l’uso contemporaneo della filosofia come opzione puramente teorica e pratica accademica. Di fronte al discorso universitario, concettuale e fine a se stesso, il discorso filosofico antico, teso a guarire e ad esortare le anime, ci appare in tutta la peculiarità della sua dimensione pratica ed esistenziale come un complesso esercizio vissuto che investe la sfera profonda della personalità. Il modello di una filosofia che è un “modo di vita” e un “modo di discorso”, in cui teoria e pratica non si escludono ma si presuppongono come saper vivere e saper pensare, è identificato da Hadot nella figura di Socrate. In questo senso la filosofia antica è quella pratica di vita e di pensiero in comune, della quale il dialogo platonico è emblematica espressione in quanto discorso dell’anima con l’altro e con se stessa, in quanto esercizio spirituale che non insegue un contenuto dottrinale, ma trasforma la personalità nel suo farsi gradatamente esperienza di sé e del mondo. Una tale idea della filosofia come askesis, che purifica l’anima dalle passioni e le garantisce libertà e assenza di turbamenti, costituisce la forte analogia di fondo tra le varie tendenze dottrinarie: tutte si concepiscono come una terapeutica dagli affanni umani, che esige dal filosofo la scelta radicale di modificare il proprio modo di pensare e di essere attraverso gli esercizi spirituali dell’autocontrollo e dell’esame di coscienza, della meditazione e del raccoglimento interiore. Già nell’epoca imperiale l’insegnamento della filosofia abbandona quel suo originario carattere prevalentemente orale di dialogo tra maestro e discepolo e assume la forma di commentario e esegesi dei testi delle autorità. Si annuncia l’era dei professori e dei manuali che, a partire dal XIII secolo, con la nascita delle Università e l’ampia diffusione delle traduzioni di Aristotele, vedrà sorgere la Scolastica e trasformare l’idea di filosofia come esperienza vissuta nell’attuale sistema universitario, teso a formare il teorico e lo specialista del sapere, non più ad agire sull’uomo e sulla sua vita. Tuttavia, il fatto che anche i filosofi dell’età moderna abbiano concepito la filosofia non come discorso teorico ma come pratica e trasformazione di sé, lascia sperare in un ritorno dell’esperienza antica di esercizio del pensiero. E’ in questo senso che l’autore invita ad intendere anche il filosofo attuale non come un professore che insegna la filosofia, ma come un uomo che, sul modello del filosofo antico, vive la filosofia.