Città panico. L'altrove comincia qui


“Domani, se vogliamo lottare contro il panico, tutti i panici, bisognerà pur tornare a una politica geofisica” (p. 92) e ristabilire le reali coordinate spazio-temporali per fuggire dalle “città panico”, come New York dopo il crollo del WTC, Baghdad dopo la caduta di Saddam Hussein, Gerusalemme e il “muro di separazione”; città presentate diffusamente e ininterrottamente dai mass media, la cui potenza di condizionamento è abnorme proprio grazie all’intrinseca possibilità di accelerazione della realtà, movimento che può inesorabilmente condurre al panico. Se già la psicosi è individuata come “metodo terroristico di governo di cui abusiamo dal XX secolo” (p. 83), la vera minaccia pare tuttavia consistere in una vera e propria “stupefazione delle masse”, che inesorabilmente sfocia in una “democrazia delle emozioni”: queste ultime, globalizzate e sincronizzate, in quanto magistralmente veicolate e opportunamente calibrate danno origine ad una anonima standardizzazione dell’opinione, ad un pericoloso mimetismo, ad un paradossale “individualismo di massa” (p. 42), che comporta la perdita di ogni sociodiversità culturale e artistica, nonché la paralisi dell’azione politica, resa difficile dalla mondializzazione istantanea del tempo reale, che determina una vera e propria “preclusione del campo politico, in cui la vecchia sovranità territoriale non vale più” (p. 71). L’anonimo iperterrorismo è animato da un ben preciso tipo di “espressionismo”: la creazione di un incidente, “miracolo alla rovescia”. “Oggi, […] l’evento è unicamente la rottura della continuità, l’incidente intempestivo” (p. 30). Pur mantenendo e calibrando un “equilibrio del terrore”, vi è un progressivo generalizzarsi dello stato d’emergenza in questa “allucinazione collettiva di un’immagine unica” della realtà; si arguisce la necessità di protezione, che sfocia per esempio nella ricerca di Claustropolis: le gated communities, in cui oltre 30 milioni di individui cercano volontariamente la reclusione in città private, protette dal loro recinto elettronico, dalle telecamere e dai guardiani, escludenti ogni tipo di intrusione, in quanto pre-cluse (p. 65; p. 86). L’autore sviluppa una profonda e articolata disamina delle sempre più indeterminate coordinate spazio-temporali che costituiscono la nostra vita, biologica e sociale: in altre parole, di “questa globalità esterna a tutto e che si considera ormai il centro di un mondo diventato onnipolitano”, mondo che attende di partorire l’“Onnipolis”, “città fantasma, quest’ultima, megacittà senza limiti e senza leggi, capitale delle capitali di un mondo spettrale, ma che si pretende tuttavia Axis Mundi – l’omnicentro di nessun luogo” (pp. 73-74).

Dati aggiuntivi

Autore
Anno pubblicazione 2004
Recensito da
Anno recensione 2005
Comune Milano
Pagine 129
Editore