A partire da una definizione procedurale di democrazia e da una descrizione e classificazione dei regimi non democratici, il volume di Pietro Grilli di Cortona intende presentare una teoria politica comparata che descriva empiricamente le fasi e i momenti di svolta dei processi di trasformazione da un regime non democratico a uno democratico (processo di democratizzazione). Anche attraverso il confronto con una ricca bibliografia secondaria e con una grande attenzione nei confronti dei singoli casi, l’Autore rende conto, senza per questo giungere a una teoria assolutizzante, della pluralità di condizioni che portano all’apertura di tali trasformazioni e possono spiegarne il successo, il fallimento o la stagnazione. Infatti, se da un lato il buon esito delle democratizzazioni non è mai garantito, ed è spesso influenzato dalla memoria storica e dall’eredità istituzionale, dall’altro anche le democrazie mature non possono considerare come acquisito e immutabile il loro status. In questo senso, lungo tutta l’analisi è mantenuta costante l’attenzione sul ruolo che le élites di potere rivestono nelle possibili fasi di un mutamento di regime. Nell’esame delle condizioni interne per l’avvio delle democratizzazioni è, ad esempio, problematizzata la relazione – teorizzata in modo particolarmente significativo da Lipset – tra lo sviluppo di un’economia capitalistica e quello della democrazia, con particolare attenzione agli "Stati-rentier", in cui il benessere della nazione è dato dallo sfruttamento delle materie prime, e ai casi "devianti" quali l’India, dove la democrazia si è affermata in un contesto di povertà, e la Cina, la cui impermeabilità a ogni riforma persiste nonostante il grande aumento di ricchezza. Identificando, in contrasto con Sen, la democrazia moderna e le sue istituzioni come un’invenzione occidentale, Grilli di Cortona non si sottrae al dibattito su di una sua possibile "esportazione". Qual è stato il ruolo degli attori internazionali, e in particolare dell’Unione Europea e degli Stati Uniti? In che modo un regime non democratico reagisce a eventuali interventi o pressioni esterne? Il carattere empirico del volume non impedisce infine di affrontare anche la questione – più strettamente normativa – della democrazia cosmopolitica. L’Autore, in dialogo con il lavoro di Archibugi, procede dunque a una puntuale analisi e a una serrata critica di questa prospettiva teorica: da un lato mette in luce le attuali difficoltà nel funzionamento degli organismi sovranazionali e i conseguenti pericoli legati a un loro potenziamento, dall’altro si contrappone alle tesi del declino o del superamento dello Stato, individuando proprio nella statualità l’unica forma in grado di garantire, allo stesso tempo, il controllo dei governanti e l’affermazione, nel particolare, dei principi universalistici democratici.