“Il fine di una teoria della giustizia è quello della
giustificazione etica delle istituzioni che modellano una formazione di vita collettiva, stabile nella durata”. Così Veca, studioso da tempo impegnato su questo tema da una angolatura contrattualista – cfr., tra l”altro, il recente Questioni di giustizia, Einaudi, 1991 – introduce questa rassegna di alcune tra le principali voci della discussione sulla teoria della giustizia. Ciascun capitolo è tratto da un”opera fondamentale – già tradotta in italiano – del dibattito innescato dalla pubblicazione di Una teoria della giustizia da parte di J. Rawls, nel 1971 (tr. it. 1982), a partire dalle riflessioni di quest”ultimo che aprono la rassegna stessa. E” la cosiddetta posizione originaria – in cui si immaginano attori che compiono le loro scelte “dietro a un velo di ignoranza” circa la loro reale condizione nella società, in modo da garantire la neutralità delle scelte stesse (sul ruolo della metafora in questa ed in altre teorie politiche ed etiche, cfr. F. Rigotti, La verità retorica, Feltrinelli 1995) – a consentire, secondo Rawls, di giungere all”identificazione razionale di due principi fondamentali per la realizzazione di una società giusta: uguaglianza nella distribuzione dei diritti e dei doveri fondamentali e ammissibilità di ineguaglianze economiche e sociali soltanto nella misura in cui producono “benefici compensativi per ciascuno, e in particolare per i membri meno avvantaggiati della società”. Centrale, inoltre, nella teoria della “giustizia come equità”, è la “priorità del giusto rispetto al bene”. La critica di M. J. Sandel fa emergere l”antropologia filosofica che soggiace alla proposta rawlsiana, una visione in cui ciò che ci separa, come individui, precede – epistemologicamente e moralmente – ciò che ci unisce, in cui la priorità del giusto sul bene si salda alla priorità dell”Io sui suoi fini, e ne mostra lo sfondo utilitarista assunto come “base della moralità individuale”. A. MacIntyre, a partire da considerazioni di carattere aristotelico sul concetto di virtù – da definire in relazione a specifiche pratiche – e insistendo sul peso della realtà storica “ideologicamente mascherata da qualsiasi tesi lockiana”, conclude sull”impossibilità di fondare la politica sul consenso morale (“La politica moderna è la guerra civile proseguita con altri mezzi”). Chiudono il volume i saggi di M. Walzer – i principi e le conseguenze di una prospettiva pluralista circa la giustizia distributiva – e di Veca, comparso anche in Filosofia, politica, società, a cura di S. Maffettone e S. Veca, Donzelli 1996 – dalla centralità del conflitto distributivo a quella del conflitto per il riconoscimento.