Il libro di Flores d”Arcais discute le tesi di H. Arendt sul politico e le sue manifestazioni in epoca moderna. Al centro si colloca la distinzione fondamentale tra la sfera dell”esistenza autentica, caratterizzata da un agire sinonimo di libertà e da un pensare che diventa “pensare mettendosi al posto degli altri”, e un”esistenza soppressa dal conformismo e votata alla distruzione delle diversità individuali (la società civile). Il discrimine è allora, decisamente, il politico, che, come necessità e inalienabile diritto umano, diventa luogo e incontro di comunicazione tra soggetti diversi, cittadini titolari di una libertà positiva, partecipata e molteplice. La Arendt, sviluppando la tripartizione concettuale tra l”attività lavorativa (l”ambito della necessità e dei vincoli imposti dalla natura), l”operare (dominato dalla strumentalità, dalla visione del mondo come seconda natura, prodotto dell”uomo) e l”agire (momento di libertà e di volontà autentico), avvia una critica ai tradizionali pregiudizi della filosofia nei confronti della contingenza, del particolare e della volontà e ribadisce l”errore in cui è incorsa per millenni, quello cioè di rimuovere la totalità degli uomini e ostinarsi a pensare l”Uno come astrazione.
Le categorie classiche della filosofia, inoltre, si sono rivelate inadatte a pensare il male radicale, il fenomeno del totalitarismo dovuto non ad un”eccedenza del politico ma al suo dissolversi nelle pieghe della storia. Si tratta di riconferire valore all”imprevedibilità e all”irreversibilià del mondo dell”azione e del politico, unica sfera in cui l”essere umano viene riconosciuto nella sua differenza, nella sua esistenza unica e irripetibile, e di ribadire l”imprescindibiIità del punto di vista finito così come la correlazione tra volontà e libertà degli esseri umani. Decisamente attuale è il modo in cui la Arendt imposta il problema della crisi della democrazia e ne ipotizza la soluzione nella radicale deprofessionalizzazione della politica e nella departitizzazione della vita pubblica. Solo la politica, sganciata dal modello dell”agire produttivo può dare origine al nuovo, può segnare un inizio e accogliere l”imprevedibile e il finito come autentici segni di democrazia e di libertà.