L'origine del fenomeno dei patroni cittadini risale al IV secolo, quando la chiesa cristiana delle origini riservava una particolare venerazione ai propri martiri. A partire dal secolo successivo i martiri vengono affiancati dai vescovi, come Ambrogio e Petronio, il cui ruolo e le cui funzioni si identificano sempre più strettamente con la vita urbana. Il santo patrono appare come un autentico fondatore di civiltà, poiché ogni momento della sua esistenza è in funzione di un avvenimento particolare della storia cittadina: il rilancio medievale del culto per i santi patroni, sottolinea Niola, ha rappresentato un elemento decisivo nello sviluppo politico-territoriale delle nostre città. La novità apportata dal cristianesimo alla natura del patronato risiede nell'aver trasformato il vecchio modello della subordinazione in un potere che è misericordioso e privo di violenza. Il santo patrono dona volto e corpo all'appartenenza comunitaria e viene reinventato incessantemente per adattarlo ai tempi e alle situazioni che mutano. I santi più noti non rimangono circoscritti entro una vicenda religiosa, ma diventano campioni della collettività: il rapporto tra i patroni d'Italia, afferma Niola, va visto come un "federalismo religioso" in cui si articolano istanze localistiche e centralistiche trovando un principio di espressione delle differenze. Tale appartenenza nei secoli è diventata talmente radicata ed esclusiva da aver scalzato dalla fede popolare le invocazioni a Dio o a Cristo. Soltanto Maria, con tutte le accezioni con la quale viene ricordata (Ausiliatrice, Consolatrice, Addolorata), può "competere" con i santi patroni locali, soprattutto nella parte meridionale del nostro paese, esprimendo una sintesi tra la religione dei dogmi e quella dei bisogni e dei sentimenti. L'elezione di Maria, Vergine divina e madre pietosa, a patrona di tanti comuni è avvenuta a furor di popolo, perché realizza il bisogno di una forte personalizzazione del rapporto con il sacro. Nel culto della Vergine si esprime al massimo la tendenza all'identificazione tra culto del sacro e culto dei santi che caratterizza la realtà popolare del cattolicesimo italiano. Con la Chiesa post-tridentina (che stabilì il controllo diretto della Santa Sede sull'elezione dei patroni) inizia un processo di delocalizzazione dei santi che li pone al vertice di una sorta di comunità universale: un mutamento che riflette una nuova forma di sensibilità e il venir meno dell'appartenenza civica. L'identificazione con i santi patroni torna invece ad assumere un forte rilievo nel mondo contemporaneo: le loro immagini sembrano guadagnare lo statuto di un logo capace di rappresentare la civitas all'interno del villaggio globale.