L’Autore analizza la questione del corpo come testimonianza di un articolato tracciato di segni lasciati dalle pratiche dei linguaggi giuridici, teologici e scientifici. Rovesciando sia l’analogia originaria della poetica occidentale, basata sulla trasposizione metaforica del corpo in testo, sia il più recente assunto della sociosemiotica della comunicazione che definisce l’individuo come "corpo proprio" segnato dalle "impronte" prodotte dalla cultura ma capace a sua volta di segnare con esperienze la comunità, l’Autore prova a rivendicare la testualità dei corpi. Essa diviene così scrittura, riconducibile a un’inviolabilità dei segni, così come vengono costituendosi nella pratica del diritto. In tal senso i testi analizzati, soprattutto quelli di diritto canonico, sono autentiche storie e consentono pertanto di riportare le fonti giuridiche nel legittimo alveo della letteratura, applicandovi gli strumenti più originali della ricerca sociologica. Seguendo gli esempi di Bauman e Geertz nel ricostruire i modelli culturali di riferimento prima e dopo la modernità, l’indagine mostra in modo efficace come già in età tardo-medievale fossero in uso congegni di produzione del sapere e della verità che rispondevano a un generalizzato sforzo di ordinare e classificare. Di qui l’esigenza dei giuristi di elaborare categorie estremamente duttili e astratte, rispondenti a un’ideologia dai forti tratti simbolici e nominali quali il concetto di infamia o di cura animarum. Migliorino prova anche a demitizzare una parola come "secolarizzazione", ingombrante culturalmente e disseminata nel gergo politico contemporaneo, ricostruendone le ascendenze, le contaminazioni e individuando negli scritti di Francisco Suárez il turning point di una visione neutrale e moderna della lex e della civitas umane. Infine, nell’ultimo capitolo, l’attenzione dello storico si sposta sul rapporto tra psichiatria e diritto penale, in particolare sul costituirsi in epoca fascista del manicomio criminale. Anche in questo caso si evidenzia un modello differenziale di classificazione degli individui, basato esclusivamente sulla trasferibilità dei segni da un codice (quello medico) a un altro (quello giuridico). Ciò consente una volta di più di mettere a punto un congegno, una macchina del tutto astratta ma presente in quanto soggetto sociale, in cui le persone vengono classificate e radunate non in rapporto alla loro concreta individualità, bensì con l’unico e necessario scopo di funzionare attraverso tecniche di controllo escogitate dal potere: "Per questa via il vivente resta recluso negli esangui simulacri della classificazione. Nel frattempo sono al lavoro cerchie ristrette di individui che hanno il potere di certificare gli atti umani, che hanno il potere di dire la verità".