Da Edipo a Faust, da Giuda a Gregorio, la letteratura antica, medievale e moderna si è spesso interessata alla figura dei peccatori, in particolare favorendo numerose interpretazioni e rielaborazioni di due modi di reagire alla colpa: la disperazione (Giuda) e il pentimento (Pietro e Gregorio). La sequenza dannazione/elezione soddisfa infatti un permanente bisogno umano di vedere riportato in alto chi, caduto, accetta il proprio destino. I numerosi testi esaminati e commentati da Ohly evidenziano che soprattutto il Medioevo è stato agitato dagli interrogativi riguardanti il modo di convivere con la colpa. E’ dunque significativo che nel XII secolo vengano inventate non soltanto la vita di Giuda, ma anche quella di Pietro, del buon ladrone e soprattutto di Gregorio, peccatore elevato alla santità. Probabilmente questa figura è stata concepita in chiave antitetica rispetto a quella di Giuda: all’immagine del disperato si oppone quella di un penitente che ha conosciuto lo stesso travaglio, cosicché al maledetto viene opposto l’eletto. Mancanza di fede, incesto, cupidigia, sono i variegati tipi di lontananza da Dio di cui fanno esperienza i grandi peccatori reinventati in quel periodo, che trovano la grazia di Dio e diventano santi perché non soggiacciono all’unico peccato imperdonabile, la disperazione. Prima del XII secolo, Edipo, Giuda e Gregorio formano un unico campo concettuale e rappresentano, rispettivamente, il mondo antico, il Vecchio Testamento e il tempo della grazia: dunque fato, predestinazione, elezione si condizionano reciprocamente. Tra l’eroe dell’antichità e il santo peccatore si colloca l’infelice Giuda a cui viene però concessa, secondo Ohly, un’attenuazione della pena nell’aldilà, a testimonianza di una teologia della compassione che si differenzia con audacia dall’insegnamento cristiano di quei tempi. La poesia crea quindi uno spazio per la speranza priva di speranze. Sulla soglia tra due epoche – da un lato l’antichità che diventa cristiana, dall’altro l’inizio dell’età moderna, che è un momento di conflitto con il cristianesimo – presero dunque forma le figure antitetiche di Gregorio e di Faust, entrambe di origine profondamente cristiana: non a caso, la vicenda faustiana è la trattazione di una vita vissuta con la colpa. Nella tradizione teologica dell’Occidente i due peccati della disperazione (di ottenere la grazia) e della presumptio (l’aspettativa orgogliosa della grazia), conclude Ohly, sono sempre stati intesi come distinti e imperdonabili: è stato Thomas Mann il primo a fonderli in un unico peccato.