Uscita per la prima volta nella rivista di Husserl Jahrbuch für Philosophie und phänomenologische Forschung, tra il 1913 e il 1916, quest’opera è abitualmente considerata come la più importante di Scheler. Anche se si propone come scopo di fondare in termini rigorosamente scientifici l’etica filosofica, essa più che un trattato di morale rappresenta un nuovo tentativo di fondazione di un personalismo etico. Da questo punto di vista il Formalismo non può neppure essere definito «fenomenologia applicata» di derivazione husserliana. Infatti, al momento dell’incontro con Husserl, il pensiero di Scheler era già maturato autonomamente, come recenti studi hanno ampiamente dimostrato. Scheler ha senz’altro dei debiti con le Logische Untersuchungen di Husserl, riconducibili alla ricezione dell’«intuizione eidetica» come criterio normativo del pensiero, ma la sua prospettiva fenomenologica è caratterizzata da una lotta contro il soggetto autonomo di ascendenza cartesiana. Il Formalismo si suddivide in due sezioni: nella prima, partendo da una critica dell’etica kantiana, vengono ricostruiti modelli di razionalità pratica; nella seconda, la ricerca di una sintesi autonoma confluisce nell’elaborazione di una teoria della persona ispirata ad una metafisica dell’atto. La critica a Kant si concentra sul concetto base della sua etica, il dovere, attraverso il quale il bene è definito in funzione della legge morale, a cui Scheler contrappone il concetto di valore che meglio giustifica il comando morale. Il formalismo kantiano dipende dal non aver distinto bene da valore: infatti i beni sono cose che hanno valore e i valori sono le qualità per cui sono beni le cose buone. Inoltre, dice Scheler, «tutti i valori sono qualità materiali indipendenti dalla forma d’essere in cui si presentano». Pertanto ci sono proposizioni a priori non soltanto formali, come asseriva Kant, ma anche materiali, e questo rende possibile la fondazione di un’etica materiale dei valori. Nella seconda parte l’elaborazione della nozione di persona è correlata alla categoria di spirito «intesa come unità degli atti intenzionali in cui è coglibile il mondo nelle sue strutture essenziali». La persona cioè, non può mai divenire oggetto di conoscenza poiché è soggetto e centro di atti intenzionali dal compimento dei quali essa soltanto può essere colta. La presente edizione, la prima integrale in lingua italiana, è curata da Giancarlo Caronello al quale si devono anche l’ampio saggio introduttivo, la vasta bibliografia e la traduzione.