Il realismo politico


In questo breve saggio Portinaro riesce a delineare un quadro esaustivo, dal punto di vista teorico e storico, di ciò che il realismo politico rappresenta ed ha rappresentato nella tradizione filosofico-politica dell’Occidente. Il realismo viene interpretato da Portinaro sia come paradigma epistemologico che come dottrina di governo, a partire dalla prima versione, quella di Tucidide nella Guerra del Peloponneso, redatta quattro secoli prima di Cristo: una concezione compiutamente secolarizzata della storia (incentrata sulle categorie di necessità, caso e fattori umani), un’antropologia naturalistica fondamentalmente pessimistica, una concezione della politica esclusivamente in termini di conflitto e, infine, una teoria della regolarità delle dinamiche di potenza. Se il conflitto è determinante per la nascita del politico, cade ogni concezione armonicistica della società: nessun assetto istituzionale potrà definitivamente contenere l’opposizione fra fazioni in lotta, e il fine dell’agire politico non sarà l’intesa intorno a valori ultimi (giustizia, bene comune) ma il successo nell’autoconservazione del gruppo, o perlomeno della sua leadership. Il realismo assume quindi nella sua versione prescrittiva l’aspetto di arte del governo, quella dietetica del potere che vede in Machiavelli uno dei suoi più alti precettori. Tuttavia è proprio in questo campo che i suoi critici hanno gioco facile nel contestarne la pretesa razionalità: l’esito della lotta per la supremazia non può che essere temporaneo e l’esternalizzazione dei conflitti non può che espandersi all’infinito.
Il realismo politico si situa così a cavallo tra approccio scientifico alla realtà e orientamento ideologico, un”ideologia dell’anti-ideologia, come la definisce Portinaro, critica delle utopie ma al tempo stesso formidabile arma nell’opera di demolizione di quelle finzioni della politica cui nessun regime può dirsi immune: in epoca contemporanea Tocqueville, Mosca, Pareto, Weber, Schmitt, utilizzeranno (seppur con diversi fini) un approccio realista per evidenziare i limiti e gli inganni occultati nell’ideologia democratica. Il realismo ritrova così la sua attualità non solo come utile strumento per lo studio delle dinamiche di potenza tra stati, ma anche come sentinella nei confronti delle deviazioni patologiche del potere in regimi che si vogliono democratici.

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Autore
Anno pubblicazione 1999
Recensito da
Anno recensione 2000
Comune Roma-Bari
Pagine 138
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