Il sacramento del linguaggio. Archeologia del giuramento


L’introduzione del volume si apre con espliciti e continui rimandi a un altro libro, Il sacramento del potere, pubblicato da Paolo Prodi nel 1992: un riferimento ampiamente legittimato dai numerosi aspetti teorici che l’uno e l’altro condividono, al di là delle assonanze dei rispettivi titoli, e dal comune intento di ricostruire ciò che vi è di sacro e di sacralizzante nel linguaggio. Lasciando sullo sfondo la ricostruzione storica delle forme di giuramento, la quale «non si pone il problema del nucleo a-storico e inamovibile del giuramento-avvenimento», Giorgio Agamben adotta in queste pagine un punto di vista antropologico, con forti incursioni nella linguistica, nel diritto e nella religione. Ricostruisce pertanto le forme storiche che il giuramento ha assunto nel corso dei secoli per mostrare quali implicazioni antropologiche esso abbia generato nel tempo: per la cultura antica (Licurgo, Cicerone) il giuramento non pone in essere, ma mantiene unito e conserva ciò che già c’è; per Pufendorf e il giusnaturalismo moderno il vincolo del giuramento ha carattere accessorio, confermando un’asserzione o una promessa; per Benveniste e gli studiosi contemporanei esso si risolve in «una particolare modalità di asserzione che appoggia, garantisce e dimostra, ma non fonda nulla». Le lunghe tappe di una vicenda che ha portato il giuramento da conferma di uno stato di cose già esistente ad atto linguistico-sociale che fa sussistere stati di cose nuovi, sono ripercorse da Agamben ricostruendo intrecci di senso, contraddizioni e contrapposizioni che contraddistinguono l’archeologia del giuramento: siamo nella sfera del diritto, sfera di «una parola efficace, di un dire che è sempre indicere, proclamare e dichiarare solennemente» La fides e il credere, la sacratio e la devotio divengono occasione per presentare gli istituti cui il giuramento è connesso; il riferimento alla maledizione religiosa e politica si fa occasione per un’eziologia del diritto penale; l’analisi della formulazione linguistica che il giuramento ha assunto porta a riflettere sull’asimmetria di quegli enunciati, frequenti nel diritto, che «non descrivono uno stato di cose, ma producono un fatto realizzandone il significato». Vim dicere, "dire o mostrare la forza" ha dunque un’immediata valenza giuridica e antropologica: include un aspetto giuridicamente vincolante, istituendo un’obbligazione, ma porta anche inscritto un elemento filosofico-antropologico, poiché l’uomo «ha fatto del linguaggio la propria potenza specifica, ha cioè messo in gioco nel linguaggio la sua stessa natura».

Dati aggiuntivi

Autore
Anno pubblicazione 2008
Recensito da
Anno recensione 2009
ISBN 9788842087816
Comune Roma-Bari
Pagine 108
Editore