Il volume raccoglie i testi di due tesi di laurea dedicate a Giacomo Leopardi e al suo rapporto con la Bibbia e con la tradizione ebraico-cristiana. La prima parte del libro, firmata da Brunetto Slavarani, costituisce un ulteriore tassello nella ricerca che il teologo conduce da tempo sulle Scritture, considerate un "grande codice" della cultura dell”Occidente, un immenso deposito di storie e di personaggi che avrebbe influito anche sulla produzione poetica e sul pensiero del recanatese. La straordinaria dotazione di testi teologici della biblioteca paterna, unita ad una severa educazione religiosa non potevano non lasciare segno sulle prime esercitazioni del giovane Leopardi, che andava tuttavia maturando una ribellione nei confronti di quel cristianesimo così cupo. Il rapporto con i precetti rimarrà infatti sempre contraddittorio e spiega in parte l?interesse per l”ebraismo, al cui studio Leopardi si applicò fin dal 1814 maturando una discreta, anche se non completa, dimestichezza con quella lingua. Elena Niccoli, laureata in Letteratura italiana all”Università di Bologna, ribadisce il peso della formazione ricevuta dal poeta, rilevando peraltro come essa, da un cero momento, agisse come un invisibile campo magnetico in grado di esercitare "la propria forza in modo difficilmente controllabile". Questa forza sotterranea si può rinvenire, in particolare, nel Canto notturno, che rinvia a uno dei grandi temi del codice biblico e dell”intera letteratura: l”esilio e la figura dell”errante. Nei testi biblici l?idea di sentirsi fuori dalle sguardo di Dio rappresenta un abbandono solo temporaneo ed è lenito dalla certezza della redenzione, dall”attesa della pienezza dei tempi futuri, mentre in Leopardi la rottura con la vita non può essere sanata e l”ordine delle cose è visto come un ordine del male nel quale viene abolita la durata. Ma Leopardi si accosta alla Bibbia anche nel riferimento alle afflizioni della malattia e del dolore: Giobbe, Qohelet, Geremia – conclude la Niccoli – sono ben presenti nella mente del poeta e la scrittura leopardiana può sembrare davvero lo specchio negativo dei testi biblici, che vengono ribaltati senza però cessare di essere osservati.