Arte e filosofia, «legame che da sempre si trova affetto da un sintomo d'oscillazione, da una palpitazione»: il lavoro d'indagine filosofica dedicato da Badiou all'estetica come atto del pensare l'arte contemporanea si colloca esattamente a metà, dentro quello scarto teorico e ideale creatosi, dopo Platone in età classica e dopo i Romantici in età moderna, tra uno schema di natura didattica (che vorrebbe l'arte capace di "rappresentare" il vero ma incapace di "essere" intrinsecamente vera) e uno schema di ascendenza romantica (che vorrebbe invece l'arte come unica detentrice di verità o come originario inveramento dell'Idea). Nel primo caso è inevitabile assistere a forme di controllo del potenziale mimetico insito nell'operare artistico, forme che da Rousseau sino al marxismo hanno dato vita a un imperativo educativo, a una sorveglianza pedagogica degli effetti pubblici dell'arte. Nel secondo caso si avverte invece quella lunga teoria di interpretazioni religiose e teleologiche che da Herder sino ad Heidegger segnano il cammino dell'ermeneutica tedesca. Esisterebbe anche una terza possibile articolazione tra arte e filosofia, tra opera e verità, che Badiou individua nello schema classico dell'estetica aristotelica, dalla quale dipende qualsiasi pensiero che consideri l'artista non come teorico e nemmeno come educatore, bensì come terapeuta. A quest'ultimo schema apparterrebbero la psicoanalisi di Freud e quella di Lacan, autori che hanno manifestato uno spiccato interesse per i fenomeni di transfert con cui la mimesis artistica consente all'individuo di deporre le proprie pulsioni. Marxismo, ermeneutica tedesca e psicoanalisi sarebbero dunque responsabili di una saturazione dei tre originari schemi di articolazione tra arte e filosofia, al punto da aver esaurito nel Novecento – e in particolare nei tentativi falliti dalle avanguardie – qualsiasi possibilità di ripensare alternativamente il rapporto tra i due termini. Il libro di Badiou vorrebbe perciò offrire un quarto schema, un'«in-estetica» appunto, intesa come un ripensamento radicale dell'economia tradizionale dei rapporti tra arte e filosofia. Da qui il bisogno di identificare filosoficamente quelle operazioni artistiche (soprattutto letterarie, con Mallarmé, Celan, Pessoa, Beckett) dove, attraverso un uso non convenzionale dei segni della lingua, risulti chiaro il tentativo di fare dell'arte una procedura di verità. Badiou cerca allora di gettare un nuovo ponte tra la definizione ontologica della verità e le sue infinite incarnazioni fenomenologiche. L'approccio estetico diviene così il modo d'intendere l'essere non nella sua pura consistenza metafisica, ma nella sua inconsistenza fenomenica.