“La Chiesa non ha mai avuto come proprio un particolare stile artistico, ma, secondo l”indole e le condizioni dei popoli e le esigenze dei vari riti, ha ammesso le forme artistiche di ogni epoca, creando così, nel corso dei secoli, un tesoro artistico da conservarsi con ogni cura”. La considerazione, tratta dal Concilio Vaticano II (“Sacrosanctum Concilium” n. 123), potrebbe essere assunta a mo” di utile chiave di lettura del volume di Menozzi, docente di Storia della Chiesa presso l”Università di Firenze, che prende le mosse dal fatto che Dio si dà a conoscere al credente attraverso i sentieri della parola e dell”immagine, diversi ma convergenti. Si tratta di uno strumento di lavoro tripartito, una sorta di manuale sull”importanza della dimensione icono-teologica ai fini della conoscenza storica della vita delle chiese cristiane nel rapporto fra di loro e col mondo circostante. L”autore offre da principio un”introduzione generale, tesa a presentare sinteticamente lo svolgimento in senso diacronico delle fondamentali posizioni ecclesiastiche, dagli effetti del divieto anticotestamentario delle immagini (cfr. Es.20,4 e Dt.4,15-18), alla lettera apostolica di Giovanni Paolo II (1987) e all”appassionato dialogo con le culture figurative regionali dell”arte contemporanea. Segue una vasta serie di testi, disposti in ordine cronologico e corredati da un breve inquadramento del contesto in cui vennero stilati, che illustrano gli interventi più rilevanti sul problema e costituiscono la porzione più estesa del libro; chiude un”attenta bibliografia in grado di orientare chi desideri approfondimenti ulteriori.
L”arte cristiana si e costantemente collocata in un ampio ventaglio di discussioni, determinazioni teologiche e deliberazioni canonistiche che l”hanno preceduta e seguita, “una vicenda assai più complessa ed intricata di quanto non facciano solitamente capire lavori ampiamente circolanti” (p. 10). Sarebbe sufficiente, per convincersene, ripercorrere nel libro di Menozzi le pagine dedicate alla “crisi iconoclasta”, meno lineare di quanto non pretenda la vulgata; o il capitolo sul controllo degli artisti e l”enfasi sulla devozione connessi alla Controriforma; o ancora, l”interrogativo in merito alla presunta “fine dell”arte sacra” diffusa nell”Ottocento europeo, e i ripetuti appelli di biblisti e liturgisti volti ad esigere l”adeguamento dell”immagine religiosa alla parola biblica. La fotografia della situazione attuale risulta in movimento, pur nella sensazione, evidenziata dall”autore, che proprio nel dibattito sull”estetica teologica il dialogo ecumenico possa rinvenire un suo possibile e fecondo sviluppo.