Questa breve opera ha il compito di introdurre il lettore alla filosofia politica, tuttavia non può essere ricondotta ai tentativi di ridurre ai minimi termini, spesso semplificando e travisando, problemi o autori. In questo caso si tratta piuttosto di incominciare a riflettere, porsi per la prima volta un problema e cercare di darvi una risposta, per quanto ingenua e provvisoria possa essere. Il lettore è infatti “costretto” continuamente a rivedere alla luce di quanto sta leggendo le proprie opinioni, a confrontarle con quelli che scopre essere i temi fondamentali della filosofia politica e che, allo stesso tempo, investono quanto vi è di più importante per lui. Poichè sempre e comunque si tratta di ciò che è importante per noi, del fatto che noi siamo in grado di stabilire ciò che è importante, di ciò che in ultima analisi riteniamo giusto. Veca chiede infatti al lettore di chiarire cosa egli consideri giusto, e che cosa significhi il fatto che esprima e sia in grado di esprimere un giudizio di valore. Si tratta, in ultima analisi, di alcuni degli esiti e delle urgenze che hanno originato e intessuto le tre meditazioni che costituiscono Dell”incertezza (Milano, Feltrinelli, 1997). Si tratta altresì di fornire risposte a una pressante serie di domande che, nell”incertezza dettata dall”assenza di un criterio stabilito, richiedono teorie e in particolare teorie della giustizia. Le sei lezioni che costitiuiscono il corpo centrale dell”opera rifiutano perciò l”elenco di quanto è dato per stabilito nell”odierna filosofia politica, ma ripropongono le medesime domande e le alternative risposte – Utilitarismo, Contrattualismo, Libertarismo, Pluralismo, Comunitarismo, Liberalismo politico – ritornando continuamente su esempi tuttaltro che astratti, su una serie di questioni pubbliche che vanno dalla tensione fra costituzionalismo e democrazia alla controversia sullo stato sociale sino alle questioni di giustizia globale. Ma soprattutto Veca ritorna e insiste sul senso e sul ruolo della “conversazione umana” alla quale consentiamo di partecipare, e così facendo non accettiamo solamente di discutere di questioni pubbliche, che sia in senso astratto o concreto non importa, ma ci impegnamo nel comunicare e nel difendere le ragioni di ciò che è giusto per noi, come ci impegnamo a comprendere il senso, le ragioni, le motivazioni di colui che sta dicendoci cosa e perchè è importante per lui. Salvatore Veca è docente di Filosofia politica presso l’Università di Pavia e presidente della Fondazione Giangiacomo Feltrinelli.