La libertà degli antichi, paragonata a quella dei moderni


Oltre che come documento storico, questa edizione del testo di Constant sulla libertà dei moderni può essere utile come punto di partenza per l’analisi del liberalismo nell’epoca contemporanea, quando, dopo l’apogeo dottrinario e storico degli anni Ottanta e Novanta, il liberalismo, sotto forma di teoria della politica, esistenza dello Stato di diritto e organizzazione socioeconomica del mercato capitalistico temperato dal welfare state, si trova a fronteggiare le sfide della globalizzazione. L’approfondito e lungo Profilo del liberalismo di Pier Paolo Portinaro affronta proprio le diverse questioni che sono insite nella storia della teoria liberale – e non solo dell’idea di libertà. In particolare, Portinaro rintraccia nella conferenza di Constant quell’intreccio, tutto moderno, fra la nota declinazione liberale della libertà come libertà negativa (libertà, cioè, dall’impedimento altrui alla propria azione garantita dalla sfera pubblica), e libertà positiva (libertà come autonomia della collettività, e cioè capacità di costruzione della legge e della sovranità popolare). Sia Portinaro sia l’introduttore del testo (Giovanni Paoletti) convergono nell’indicazione dei limiti della nota interpretazione del testo fornita a suo tempo da Isaiah Berlin. Utilizzando certamente la netta dicotomia ed equivalenza affermata dallo stesso Constant all’inizio della sua conferenza fra la libertà dei moderni e la libertà negativa da un lato e la libertà degli antichi e la libertà positiva dall’altro, e il suo giudizio di valore a proposito della superiorità della prima sulla seconda, Berlin ha il limite di mettere in ombra il tentativo reale di Constant, non privo di aporie, di combinare le due libertà attraverso gli importanti argomenti svolti nella seconda e terza sezione della sua conferenza. Constant si distende infatti in quei due paragrafi ad illustrare rispettivamente l’opera civilizzatrice del commercio già usata dagli antichi Ateniesi, grazie alla loro democrazia mercantile, e la possibilità di temperare con l’istituto della rappresentanza gli effetti nocivi della democrazia nella modernità. In definitiva, appare dunque più proficuo seguire il testo di Constant come origine dei tentativi moderni di combinare il paradigma liberale con quello democratico, non esclusa la complessa tradizione del socialismo, piuttosto che appiattire questo classico sulla tradizione del liberalismo “antidemocratico” nelle sue varie declinazioni, dalle teorie dello Stato minimo all’anarchia libertaria, fino al materialismo del mercato creatore di norme sociali e politiche metaindividuali.

Dati aggiuntivi

Autore
Anno pubblicazione 2001
Recensito da
Anno recensione 2002
Comune Torino
Pagine LX + 166
Editore