Di fronte alla pluralità dei mondi culturali, i modelli antropologici dell’esotico riversati nell’“endotico” dovrebbero essere esaminati, secondo l’autore, a partire dalla nozione di “fiction” che permette di considerare l’aspetto antropoietico – nel senso dell’invenzione e della creazione, cioè dell’estetica – della costruzione delle culture elaborata dagli antropologi, ma anche dalle culture stesse. Il ritorno dell’antropologia verso la modernità rivela la crisi e l’impossibilità di possedere modelli estendibili a tutte le culture, dato che possiamo avere soltanto oggetti-esempio, schemi delle culture studiate che costituiscono ciascuna un tipo in sé e per sé. Tali schemi, grazie al gioco pendolare del metodo comparativo che si crea sul “come se”, offrono quasi un raddoppiamento dei mondi culturali. Questo ragionamento costituisce il solo modo per rendere possibile l’apertura ad altri mondi, per mostrare le differenze e le somiglianze e individuare delle tipologie. In antropologia la rifondazione epistemologica troverebbe un nuovo slancio e una nuova legittimità se fosse ricondotta al problema dell’intersoggettività. Su questo punto l’autore non intende riprendere la nozione di individuo come riducibile a parte della totalità, ma piuttosto quella di persona il cui contenuto rinvia alla nozione di valore. Proponendo questo nuovo oggetto alla riflessione antropologica, la costruzione del senso, intesa come strategia e autoriflessione messe in opera dai soggetti, trova il modo di dotare le culture di significato, ma anche di insistere sulla necessità dialogica di ogni impresa antropologica. Da essa nasce il valore, che si costruisce attraverso l’evento. Poichè il valore non è mai stabile come un concetto e può essere saturato di senso, Francis Affergan propone una epistemologia evenemenziale dove l’etnologo è posto di fronte a ciò che l’“altro” gli riferisce e ricostruisce gli eventi sotto forma di racconto. L’evento permette di reintegrare la narrazione nel discorso antropologico, di sostituire all’osservazione “neutra” dell’antropologo la categoria di esperienza vissuta e di reintrodurre la poiesis di una cultura locale. È proprio applicando una antropoietica dell’evento a una ricerca sul campo nelle Antille che l’autore rivela il lavoro di creazione dei mondi finzionali che queste società prive di storia e destoricizzate costruiscono per dare un senso al loro presente e che solo la narrazione può cogliere ricomponendo l’evenemenziale. Partendo da questa costatazione, l’antropologia dovrà in futuro rifarsi all’immaginario finzionale di società rese sempre più meticce.