Questo libro – a cui seguirà la traduzione sempre presso Adelphi de L”âge de l”éloquence (1980) – raccoglie una serie di scritti editi tra il 1975 e il 1994. Si tratta di una miscellanea di saggi dedicati alla letteratura soprattutto, alla pittura, all”incisione, al rapporto fra illustrazione e testo all”interno della cultura del XVII secolo. L”unità di fondo degli argomenti affrontati è data dalla ricerca del senso delle immagini, in particolare di quelle relative a temi religiosi con una funzione in qualche modo devozionale, e anche dal desiderio di educare la ricezione delle immagini d”arte. Per Fumaroli, infatti, esse subiscono un “fenomeno di ventriloquia”, cioè parlano attraverso il caos di immagini provocato dall”estetizzazione generalizzata, ma non rilucono del contesto e del significato che sarebbero loro propri: quello della loro epoca. Recuperare il contesto e la ricezione delle opere comporta recuperare l”intreccio fra parola e immagine, peculiare del barocco e dell”immaginario affermato dal Concilio di Trento, e affidare questo compito rieducativo alla lettura.
Attraverso i libri è possibile recuperare una meditazione sulle immagini che noi contemporanei abbiamo dimenticato, raggiungere “la scuola del silenzio” (la pittura) attraverso l”eloquenza della parola.
Oltre a dedicarsi alla cultura gesuitica, di cui è un esperto, (si veda ad esempio il capitolo Barocco e Classicismo dedicato all”impresa tipografica realizzata dalla compagnia di Gesù), Fumaroli è determinato a definire lo stile e il gusto francese, rispetto a quelli italiano e spagnolo. Entro questa ottica va compreso lo spazio dedicato alla figura di Poussin, pittore di meditazione, in intimo rapporto con la cultura gesuitica ma anche con l”eredità aristotelica e la ricerca pitagorica secondo quel gusto per l”erudizione, l”eloquenza e le scienze antiquarie che ispirava l””enciclopedismo” dell”età barocca.
Altri due grandi maestri esaminati sono Guido Reni e Caravaggio, entrambi fortemente attratti dalla figura di S. Giovanni. Sulle opere a lui dedicate, Fumaroli apre un confronto tra i due artisti, che, confermando la sua predilezione per una visione verticale e apollinea, finisce per riservare un giudizio severo a Caravaggio e alla sua antropologia pessimistica: “La pittura caravaggesca mi dà un senso di claustrofobia: presuppone un”umanità peccatrice e interamente preclusa dal divino, condannata alla condizione di penitente prigionia” (cfr. Dalla parte di Poussin contro Caravaggio, intervista a Marc Fumaroli di Enrico Parlato, “L”Indice”, 1996, I, p. 37).