Nel tracciare il percorso semantico che conduce dalla "sensazione" quale sostrato fisiologico della percezione alla "sensazione" quale fenomeno contemporaneo suscitato dagli eventi considerati eccezionali e degni di particolare attenzione (sensazionali, appunto), Türcke si colloca esplicitamente lungo una linea di pensiero critico della società contemporanea che ha i propri punti salienti in opere quali La falsa coscienza (1962) di Joseph Gabel e La società dello spettacolo (1967) di Guy Debord.
Facendo reagire Marx con Freud e Benjamin con Adorno, Türcke prende le mosse dal fatto che alcuni fenomeni – e tra questi il bisogno di "sensazionale", l’ossessione per "l’essere presenti" anche solo in forma fittizia e virtuale sul web, l’ottundimento delle facoltà critiche dovuto all’eccesso di informazioni – sono generalmente considerati, in modo erroneo, conseguenze peculiari di una rivoluzione tecnologica e sociale prettamente contemporanea (o più precisamente, secondo alcuni, post-moderna). In realtà Türcke ne rinviene l’origine agli albori dell’umanità, nel momento in cui l’unica risposta possibile al terrore suscitato dalle forze della natura e dalle condizioni "inspiegabili" della sopravvivenza non poteva essere che una prima, "ossessiva" e simbolica ripetizione in grado di "addomesticare" il tremendum attraverso le prime forme rituali: disegno, rappresentazione mimetica, ecc.
Tuttavia lo stesso processo, attraverso il quale l’istituzionalizzazione rituale e la nascita della cultura consentono la razionalizzazione e il disinnesco del tremendum, si autonomizza e le forme di ripetizione che in un primo tempo avevano il solo scopo di depotenziare la paura suscitata dal mistero delle forze della natura diviene fine a se stessa, passando così dalla ripetizione dello shock volta al suo depotenziamento alla creazione di shock volti al soddisfacimento di un nuovo "bisogno". Da questo punto di vista, il sensazionale non è più un’invenzione della carta stampata del scorso secolo, ma è la forma assunta dall’autonomizzazione del processo che è all’origine della nascita della cultura: la sua comprensione rende perciò necessario il convenire di diverse discipline, dall’antropologia alla psicoanalisi, dalla biologia alla sociologia.
Il duplice processo acquista una nuova velocità di sviluppo con la nascita dell’immagine fotografica. Tutto può essere colto dall’obiettivo fotografico: se, da un lato, l’infinita riproducibilità tecnica dell’immagine fotografica mina l’aura che secondo Benjamin contraddistingue l’opera d’arte, dall’altro lato ogni immagine fotografica rappresenta l’ipostatizzazione di ciò che vi è rappresentato. Ogni fotografia estrae il suo soggetto dal flusso anonimo del quotidiano e lo innalza allo status di sensazionale, di ciò che è in grado di produrre il medesimo shock che fino a quel momento era stato appannaggio delle forme culturali nate nel processo di depotenziamento del tremendum e in quanto tale condivide la stessa duplicità che lo conduce alla sua autonomizzazione.
Cinema, televisione e internet, da questo punto di vista, rappresentano semplicemente una differenza di grado, non di natura, rispetto all’immagine fotografica: consentono di produrre il medesimo effetto dell’immagine fotografica molto più velocemente e in quantità sempre maggiori, ma non producono qualcosa di essenzialmente diverso.
Su queste basi Türcke conduce una critica serrata della storia del capitalismo e della natura della società dello spettacolo, portando in primo piano come lo sfruttamento principale, e più antico, del capitalismo è proprio quello del processo ambivalente del sensazionale: alimentare la produzione sempre più massiccia di shock consente infatti di soddisfare allo stesso tempo il bisogno di "sensazionale" e di concentrare e limitare a tale soddisfacimento la capacità critica della società, distogliendola sia dalla reale natura del sensazionale che delle condizioni di vita che il sensazionale naturalizza.
Significativamente Türcke non manca di sottolineare l’ampio portato della definizione marxiana della religione come oppio dei popoli. Ormai, anche inconsapevolmente, si è soliti intendere tale definizione come la sottolineatura del potere di ottundimento e mistificazione della religione nei confronti degli individui. Tuttavia Marx sottolinea come l’oppio, e pertanto la religione, sia l’unico rimedio a disposizione per lenire la sofferenza e sopportare le condizioni di vita della classe operaia urbanizzata della seconda industrializzazione. Ciò consente a Türcke di illustrare il legame profondo che perciò lega – attraverso il sensazionale – i processi culturali nati come risposta a un mondo esterno ostile e incomprensibile e le forme moderne e contemporanee di assuefazione e dipendenza: così come l’alcol e l’oppio nel XIX secolo consentivano di tollerare la miseria e la fatica della vita del proletariato urbano rendendolo allo stesso tempo completamente disponibile allo sfruttamento del capitale, allo stesso modo le tossicodipendenze contemporanee – tra le quali deve essere considerata anche la presenza ad ogni costo, sia essa attraverso la televisione o i social network – soddisfano il bisogno indotto di sensazionale rendendo gli individui quasi totalmente soggetti ai meccanismi di sfruttamento e di auto-sostentamento del tardo capitalismo.