Il testo si propone di coniugare una teoria, vale a dire nel contempo una descrizione della realtà, che assuma la svolta costruttivistica impressa alla teoria della conoscenza ed all”osservazione della società da diversi autori (da Bateson a Luhmann), la decostruzione del sapere derivante dal pensiero contemporaneo (da Wittgenstein a Foucault), una concezione non sostanzialista dell”identità ed il riconoscimento del fallimento (non, habermasianamente, dell”incompiutezza) del progetto di emancipazione della modernità, con una critica della realtà stessa, che eviti la possibile deriva relativistica di tale premessa teorica e rilanci le istanze critiche di quegli intellettuali (da Adorno e Horkheimer a Sartre) che l”inadeguatezza teorica rendeva ormai inapplicabili. La consapevolezza della “complessità di una storia che ha in sè una congerie di tempi storici diversi, e non procede quindi in modo rettilineo” (Bloch) e gli esiti dell”antropologia culturale (Sahlins, ad esempio) consentono all”autocritica dell”illuminismo di andare oltre l”impasse in cui il pensiero critico si era venuto a trovare e perciò d”intendere la modernità più come “compresenza ineliminabile di arcaico e moderno”, che non come razionalizzazione e disincatamento. Un ruolo centrale riveste la figura del paradosso, che consente di pensare gli ossimori storico-sociali che costituiscono la modernità ed il soggetto che la abita: tradizione e innovazione, mito e razionalità, “estrema variabilità dei punti di vista” e “bisogno crescente di una relativa stabilizzazione degli stessi”. E” dal costante movimento oscillatorio che le contraddizioni intrinseche alla nostra condizione imprimono al soggetto che sorge l”esigenza di una teoria critica. All”origine dell”identità si trovano operazioni selettive che producono delle differenze (es.: primo piano/sfondo): “solo nel ripetersi di questa differenza si forma una identità”. La teoria, che costituisce la massima espressione di tali operazioni, divenendo credenza, risponde al bisogno di orientarle (un bisogno di ritorno all”identico), e di anticipare il futuro. La teoria critica, come tentativo di controllare il suo farsi credenza, deriva dall””assunzione di un elemento extrateorico nella teoria”, cioè “il problema delle conseguenze pratiche della teoria, e quindi della responsabilità che essa implica”. L”impegno scettico, appresa la lezione di Foucault sulle tecniche di soggettivazione come micropoteri costitutivi delle relazioni di comunicazione, si propone il compito di “tenere aperto il gioco dei punti di vista” e di impedire il fossilizzarsi dell”ordine del discorso.