Rivelatore dell’angoscia che serpeggia in Occidente, l’Anticristo è quel brivido che s’insinua nelle pieghe della storia, assumendo tratti personali esposti ad una seducente, quanto mai pericolosa, ambiguità. Usurpatore dell’identità di Cristo, questo “Figliuol della Perdizione” diffonderà la sua malvagità che sa di zolfo, ingannando gli eletti per mezzo di falsi miracoli e di un’eccellente conoscenza delle Scritture. Ma come riconoscerlo e smascherarlo se indosserà i panni del Messia con l’astuzia e la menzogna? Nel suo saggio, Armogathe affronta questo inquietante interrogativo, esplorando le diverse rappresentazioni che si ebbero dell’Anticristo, soprattutto in età moderna. È infatti soltanto a partire dal XVI secolo che la “scimmia di Dio” s’impossessa pienamente della scena inserendosi nel quadro polemico della Riforma. In reazione alla sua ‘istituzionalizzazione’ determinata dall’identificazione con il Papato, gli esegeti cattolici insisteranno sull’autentica umanità di colui che è figlio del Diavolo “non per natura, ma per imitazione”. Intorno al nucleo originario riportato dal monaco Adsone nel X secolo, il Seicento ricostruirà uno scenario del terrore, dipingendo un Anticristo fin troppo identico al Messia nella sua contraddizione. La Vita dell’Anticristo (1682) di Dionysius di Luxembourg fornisce in questo senso un corposo Antivangelo, che rispecchia fedelmente l’immaginario contrastante di un’epoca scossa dal timore e animata dalla speranza del “millennio”, quei mille anni di regno di Cristo prima della battaglia finale contro “la bestia che risalirà dall’Abisso”. I drammatici eventi che sconvolgono l’Europa durante il XVII secolo fanno sorgere la convinzione che il mondo sia prossimo alla fine. Ecco allora che l’Anticristo scende anche in campo politico, assumendo vari volti, da Maometto a Luigi XIV, ma soprattutto nutrendo ideologie particolarmente sensibili alla Bibbia, proprie di un tempo di crisi in cui si cercavano motivazioni religiose per l’impegno politico e civile. In questo contesto, il più discusso dei testi biblici, l’Apocalisse, è un ricco serbatoio cui attingere per applicare una cronologia profetica alla storia dell’umanità. Spaziando dal registro teologico a quello politico e filosofico, Armogathe traccia il cammino interpretativo dell’Apocalisse, a partire dalla lettura escatologica di Ribeira fino allo storicismo di Bossuet, concludendo che il ciclo dell’Anticristo non si esaurisce con il ritratto inquietante che ne diede il Grand Siècle, proprio “perché l’Anticristo è presente, nascosto in ciascuno di noi, come ciò che ritarda la venuta di Cristo e appesantisce il mondo” (p. 120). Per questo motivo la lettura del libro di Armogathe è di “bruciante attualità”.