Le avventure della dialettica


Un libro giudicato "maledetto" dal suo stesso autore che, pubblicandolo presso l’editore Gallimard nell’aprile del 1955 era diventato per buona parte degli intellettuali comunisti francesi pericolo da combattere e rischiosa eccezione da tacitare. Come ricorda Mauro Carbone nell’Introduzione all’edizione italiana, Le avventure della dialettica «fu infatti il bersaglio della durissima reazione da parte del Partito comunista francese, allora impegnato a opporre tutto il suo dogmatismo all’incipiente crisi del marxismo staliniano». Tenere viva la rivoluzione in tutta la sua forza propulsiva, ricollegarla alle figure che l’avevano pensata, per poterla poi agire, e in fin dei conti fare una filosofia della dialettica storica raccontandone le avventure, è invece la proposta che avanza Merleau-Ponty. Per farlo, in un momento in cui si era appena consumata la crisi con Sartre e il suo conseguente distacco dalla rivista Les temps modernes, il filosofo francese sceglie un testo esemplare nel rifuggire sul piano argomentativo quella stessa astrattezza irrigidente da lui contestata sul piano storico. Sceglie quindi di scrivere un libro dal carattere «quasi aneddotico». «Parlo di diversi episodi», si confida Merleau-Ponty a George Charbonnier, «cercando di legare questi fatti, di farli entrare in combinazione per arrivare alla conclusione». Dunque un libro che, paradossalmente ma non troppo, «può risultare difficile proprio perché non è astratto». La realtà – storica, politica, sociale, economica – è intrisa di imprevedibilità e asimmetrie. Se è vero che nessun sistema formale può adeguarsi a essa, e tantomeno pretendere di poterla ingabbiare entro uno schema di lettura prestabilito a priori, è anche vero che le azioni storiche per prime dovrebbero evitare di tradire quel particolare dinamismo nel quale sono inserite, salvaguardando il quale resterebbe loro aperta l’unica possibilità di sopravvivenza: è alla prova degli avvenimenti, come ricordano le primissime righe della Prefazione al volume, che «ci imbattiamo in ciò che ci riesce inaccettabile». «Proprio questa esperienza interpretata diventa tesi e filosofia. È quindi legittimo raccontarla francamente, con i ricorsi, le ellissi, le divergenze che le sono propri, e con beneficio d’inventario»: un compito difficile, o almeno di complessa gestione da parte di quanti – rivoluzionari a parole – rischiano per Merleau-Ponty di non esserlo nei fatti, abdicando all’insicurezza che una rivoluzione implica e optando per una sistematicità che formalmente preserva, ma sostanzialmente tradisce il mandato ricevuto. Solo un testo aperto, in perenne avventura quanto la dialettica stessa, «evita l’ipocrisia delle opere sistematiche le quali nascono dalla nostra esperienza, ma fanno mostra di venire dal niente». E, "aperto", Le avventure della dialettica lo è davvero. Lo è nel percorso trasversale tra più autori, da Weber a Marx, da Lukács a Trockij e allo stesso Sartre, per citarne solo alcuni; lo è nella lucidità con cui Merleau-Ponty esprime tesi che sa facilmente contestabili, dunque origine di nuovi dibattiti e nuovi problemi, ma anche di nuove e impensate soluzioni; lo è, infine, nel sottile intrigo tra consapevolezza storica e riflessione filosofica, alla ricerca di una filosofia consapevole che «le nostre idee e i nostri significati, appunto perché relativi al nostro tempo, posseggono una verità che ci insegneranno soltanto a condizione che li si situi nel loro contesto, insomma che li si comprenda invece di limitarsi a subirli».

Dati aggiuntivi

Autore
Anno pubblicazione 2009
Recensito da
Anno recensione 2011
ISBN 9788884837547
Comune Milano
Pagine 251
Editore