L’autore (docente di Urban Planning nella Columbia University di New York) intende colmare alcuni vuoti che la sociologia urbana ha messo in evidenza: è impossibile analizzare le città in una prospettiva esclusivamente sociologica e in una esclusivamente urbana (Castells); il volume intende inoltre dimostrare la parzialità dell’affermazione secondo la quale con l’espansione dell’informatica i “luoghi” non hanno più importanza. Al contrario si evidenzia il fatto che il ruolo sempre maggiore di servizi e della finanza rilancia l’importanza delle città in quanto sedi di attività e funzioni ad esse collegate. L’accresciuta importanza e centralità della città non è però connotata solamente dall’espansione delle attività e dei consumi (con l’occupazione degli spazi interessati ad essi) più dinamici e tecnologicamente avanzati, ma compare anche una rapida crescita del lavoro informale e l’aumento percentuale di immigrati occupati tramite subappalti prevalentemente in settori più tradizionali. Si assiste inoltre così a una crescente disuguaglianza dei guadagni che rimodella la struttura dei consumi. Le città diventano la sede in cui si concentra la diversità e la distanza tra settori e funzioni valorizzati (quelli collegati alla cultura aziendale dominante) e settori e individui non aziendali (immigrati e addetti alle attività meno qualificate che si concentrano nelle città): si assiste a forme di “periferizazzione” nel centro stesso delle principali città dei paesi sviluppati. Ciò che può essere sottolineato è la formazione di una nuova geografia della centralità e della marginalità sia nel mondo più avanzato che in quello in via di sviluppo. Qual’è l’impatto di questa dislocazione sull’ordine sociale ed economico delle nuove città globali? La letteraura socio-economica finora si è poco concentrata sull’impatto prodotto dall’economia terziaria – lavoro indotto, edifici destinati a contenere le produzioni – sul tessuto urbano. L’analisi si è concentrata sui circuiti alti del capitale e ha ignorato quelli bassi che non sono pertinenti alle sole economie nazionali, ma trovano proprio nelle città la sede naturale. Questa concentrazione di funzioni, che proiettano i principali nodi economici in una dimensione transnazionale, ha causato un indebolimento dei legami con le regioni di riferimento, proprio mentre vi è un esplodere di rivendicazioni di livello regionale. In questo scenario muta anche la nozione di “centro”. La globalizzazione, conclude l’autore, fa risaltare una serie di contraddizioni – oltre a quelle citate va ricordata la concentrazione crescente delle attività finanziarie nonostante la loro deregolamentazione – che nelle città sono destinate ad appianarsi o ad esplodere in conflitti aperti.