Le morali della storia


Nell”ambito delle scienze della cultura si è sempre discusso sui rapporti tra morale e storia. Da una parte sembra giusto stigmatizzare, come già sosteneva Marc Bloch, la “mania di giudizio” e favorire sempre più l”instaurarsi di metodologie scientifiche nella storia e nelle altre scienze della cultura, che non possono essere sottoposte ad alcuna “tutela ideologica” e che devono seguire un ideale di oggettività. Dall”altra appare chiaro che “le scienze umane e sociali intrattengono necessariamente un rapporto con la morale e la politica […] al quale sfuggono le scienze della natura”; questo rapporto, lungi dall”essere considerato come dannoso al progresso di queste discipline, viene visto da Todorov come un componente essenziale, dal quale perciò è impossibile prescindere. La duplice potenzialità dei valori, in positivo, ma anche in negativo, nello studio della storia e delle società è particolarmente evidente nel caso del confronto tra Vecchio e Nuovo Mondo in seguito alla scoperta dell”America. In questo caso sia le cronache azteche che le riflessioni degli autori europei falliscono nel tentativo di comprensione dell”Altro. Gli Aztechi identificano inizialmente gli Spagnoli con le loro divinità, e solo in seguito, quando ormai è troppo tardi per tentare una reazione, li descrivono come esseri men che umani, “mossi solo da istinti materiali”; anche gli europei si dividono tra coloro che vedono negli Indigeni esseri naturalmente buoni, incarnazione dei valori del Cristianesimo delle origini, e coloro che sostengono la loro sostanziale inferiorità. Solo Montesquieu riesce ad evitare l”etnocentrismo nelle sue due forme (assimilazionismo generoso e giudizio di radicale alterità) e ad indicare la strada verso uno studio delle società che, distinguendo tra valori universali e valori relativi e locali, permetta di comprendere e anche giudicare le altre culture (ma anche la propria), senza legittimare il razzismo, la conquista e lo sfruttamento. Gli stessi princípi di tolleranza, democrazia, uguaglianza e libertà sono esenti da critiche solo nella misura in cui non finiscono, con un relativismo etico spinto all”eccesso, per giustificare l”intolleranza, legittimare la dittatura, negare la diversità e permettere la violenza generalizzata. Il compito dell”intellettuale moderno è dunque quello di esercitare “la funzione critica”, di giudicare la società dall”interno, alla luce di quei princípi che ne sono alla base, ma che non sempre vengono completamente o correttamente applicati.
(Dello stesso autore si possono ricordare: La conquista dell ”America, Einaudi, Torino, 1984, Racconti aztechi della conquista, Einaudi, Torino, 1988, Noi e gli altri, Einaudi, Torino, 1991, Di fronte all ”estremo, Garzanti, Milano, 1992).

Dati aggiuntivi

Autore
Anno pubblicazione 1995
Recensito da
Anno recensione 1996
Comune Torino
Pagine 314
Editore