Secondo Barberis lo spazio giuridico europeo è il frutto dell’intreccio fra culture del diritto che hanno conquistato nel corso dei secoli una progressiva autonomia dalla religione, dalla morale e dalla politica. Questa origine è stata sottolineata dalle teorie di Carl Schmitt, il quale affermava che l’identità giuridica europea era caratterizzata proprio dal suo essere insieme di differenze e somiglianze tra i diversi ambiti giuridici nazionali, in cui il diritto romano ha costituito una sorta di grammatica giuridica di base, un comune linguaggio concettuale e spirituale del continente. L’Europa del diritto ha visto la cooperazione del legislatore (modello francese), della dottrina (modello tedesco) e del giudice (modello inglese), ai quali si è unito il lavoro del costituente. Il diritto comunitario è il provvisorio approdo dell’evoluzione del diritto europeo, perché si tratta di un diritto giurisdizionale: una sintesi di quel diritto dottrinale a base legislativa che è il civil law e del diritto giudiziale che è il common law. Questi due volti del diritto, rileva Barberis, hanno trovato un’apparente biforcazione con la stagione delle codificazioni: in realtà il fatto che entrambi i diritti provengano da una lunga storia di influenze reciproche ha prodotto una situazione in cui civil law e common law nella teoria giuridica si sono contaminate reciprocamente. Questa divisione ha significato un’autentica dicotomia solo fino a quando il diritto europeo occidentale è stato essenzialmente diritto privato; mentre è stato nel diritto pubblico – in particolare nel diritto costituzionale – che si è sviluppato il fenomeno della trasmigrazione dei diversi istituti giuridici tra le diverse tradizioni culturali e nazionali. Se oggi qualcosa può essere definito come diritto europeo, se si vuole parlare di una cultura giuridica comune per il nostro continente, non è al vecchio diritto comune che si deve guardare, afferma Barberis, ma al costituzionalismo dei diritti. Rinviare a un patrimonio costituzionale comune non è più sufficiente, perché questo patrimonio comune è formato da differenze non meno che da somiglianze. L’emergere del diritto comunitario rappresenta perciò una peculiare sintesi di legge, dottrina e giurisprudenza, e in questo senso rinnova la tradizione giuridica del continente. Tuttavia, ciò sembra comportare un progressivo superamento dello Stato da parte di forme di governance che inducono allo sviluppo di agenzie, fondazioni e autorità indipendenti che provocano una vasta e intensa produzione di norme. Inoltre queste fonti, non vincolanti e parzialmente autonome dalla sfera politica, non sembrano rispondere a logiche di responsabilità o di consenso, ma di competenza.