La struttura omogenea di questa antologia sul tema dell’eguaglianza, che raccoglie contributi di Bernard Williams, Thomas Nagel, Amartya Sen, Richard Arneson e Ronald Dworkin, è visibile soprattutto in due fattori. In primo luogo, gli autori si muovono nella dimensione teoretica e metodologica della filosofia analitica di retaggio anglosassone, per cui, una volta chiariti i principi normativi impiegati e sottoposti al vaglio dell’analisi logico-linguistica e argomentativa, si cerca di costruire una sorta di dialogo civile alla ricerca della deliberazione razionale. Questo impianto certamente è presente anche in un autore come Sen, il quale, d’altra parte, è attento a non cadere in quell’anestesia delle passioni civili e politiche, nonché degli obiettivi morali, spesso sacrificati sull’altare della chiarezza logica. In secondo luogo, tutti i contributi del testo tendono a concentrarsi sulle soluzioni che John Rawls ha fornito alle difficoltà dell’utilitarismo e del pensiero democratico rispetto alla natura dell’eguaglianza e ai problemi distributivi sollevati dalla crisi dello stato sociale. Infatti, Arneson, che si concentra sui nodi posti dalle tesi del neoutilitarismo sull’efficacia del pareggiamento degli svantaggi tramite il classico principio egualitario, si confronta con le soluzioni di Rawls e di Sen, le quali spostano l’accento sulla differenziazione dei beni o sulle opportunità o le capacità di fare, piuttosto che sulla difficile omogeneità matematica di beni, servizi e redditi. I saggi di Dworkin, Nagel e Williams sono tesi allo sforzo di ridefinire il concetto di eguaglianza sulla base del fattore morale della comune appartenenza dei cittadini come “esseri umani”, con un importante sviluppo dell’eredità di Kant. Il saggio di Sen mira a superare le difficoltà insite nell’idea di eguaglianza, intesa come un principio per cui si deve essere spinti a costruire una vita di qualità per ogni uomo. Le soluzioni non consistono solo nell’aumento del PIL, del reddito procapite e del tasso di industrializzazione, ma piuttosto in altri forme sociali che garantiscono l’efficacia materiale (non esclusivamente economica) di una serie di policies messe in atto da governi democratici per garantire la dignità politica e umana: esse scaturiscono quindi dalla necessaria presenza della “vita buona” nell’idea di eguaglianza. In questo modo Sen cerca dunque di rifondare un accordo, di natura filosofica ma con chiare conseguenze pratiche, fra libertà ed eguaglianza, avvicinandosi a Rawls nel tentativo di avere una nuova teoria filosofica sulla liberal-democrazia moderna.