Il volume raccoglie numerose riflessioni di Scholem sulla dimensione spirituale della religione ebraica. Concentrandosi in particolar modo sul tema controverso del messianismo, l’Autore ritrae la molteplicità dei processi di costruzione della figura messianica mettendo in evidenza la frammentarietà della sensibilità religiosa e, a partire da questa, la costante pulsione ermeneutica e creativa che ne viene generata. I primi sette capitoli sono dedicati proprio al ruolo del messia, alla sua percezione e autopercezione, ai presupposti che ne stanno alla base e alle conseguenze politiche, sociali, dottrinali che ne derivano. La funzione costitutiva della coscienza ebraica dei temi dell’attesa, della redenzione, del rapporto tra rivelazione e tradizione è posta di fronte alla complessità di temi inediti, quali quelli legati alle eresie scaturite dal messianismo in età moderna e contemporanea. I saggi centrali affrontano numerosi autori e immagini appartenenti alla tradizione e alla mitografia identitaria dell’ebraismo. Alcuni temi (la stella di Davide, il golem, i trentasei giusti nascosti), appartenenti all’immaginario collettivo ebraico vengono analizzati in una prospettiva interdisciplinare che riporta integrità alla forma originaria, sovente deteriorata da una plurisecolare tradizione di deformanti luoghi comuni. I saggi conclusivi prendono in considerazione aspetti specifici della produzione intellettuale di alcuni autori fondamentali dell’ebraismo contemporaneo – Buber, Rosenzweig e Breuer – mettendone in luce aspetti spesso trascurati, secondari solo in quanto inesplorati, e restituendone la complessità del pensiero semplicemente a partire dallo studio di un tassello della loro produzione intellettuale. La postfazione di Saverio Campanini ricolloca la riflessione scholemiana in un contesto storico-culturale e in una rete relazionale che ne costituiscono la ragione d’essere e il soffio vitale. Travalicando i confini della ricerca storica, il volume di Scholem lascia così trasparire alcune venature filosofiche che meriterebbero maggiore attenzione e che restituiscono alla storia delle religioni il proprio potenziale formativo. Parlando dei trentasei giusti nascosti, l’Autore afferma: "Il giusto nascosto è il vostro vicino, e il mio, la cui vera natura non può mai essere sondata; questa concezione ci mette in guardia dall’esprimere giudizi morali su di lui" (p. 250). Ciò che qui emerge in modo evidente e netto rispetto ad altre opere di Scholem, è l’intenzione di andare oltre il dato storico e di tradurre la storia delle religioni in storia delle aree di umanità condivisa.