Solo la «nera nube di strazio», provocata dall’annuncio della morte di Patroclo, convince Achille a deporre la terribile ira, con cui si era aperta l’Iliade, e a riprendere parte alla guerra contro i Troiani.
Teti, la madre dell’eroe, chiede al dio Efesto di fabbricare nuove e divine armi per il figlio (in particolare il famoso scudo), in sostituzione di quelle precedentemente affidate a Patroclo. Sulle fasce concentriche che costituiscono la struttura dello scudo si sviluppa una decorazione che racchiude l’intera rappresentazione del cosmo: tra il sole, la luna e le stelle della parte centrale dell’umbone e il fiume Oceano che circonda e delimita il bordo più esterno, il fabbro divino ha raffigurato le attività di una città in guerra e di una città in pace, la vita dei campi e una danza di fanciulli e fanciulle.
Domenico Musti legge la decorazione dello Scudo di Achille, narrata nel canto XVIII dell’Iliade, come mappa dei valori della società omerica e, in particolare, come archetipo della città ideale, circolare e centrata, dove tuttavia le forme del cerchio convivono con quelle ortogonali: infatti le opposizioni linea vs circolo e quadrato vs cerchio costituiscono le componenti imprescindibili della concezione della polis. In questa prospettiva, «lo Scudo non è solo una summa del mondo, ma è anche una summa delle forme e delle figure geometriche di base, uno schema degli schemi» (p. 11). L’intento del libro è quello di mostrare l’importanza di questo modello omerico nella storia delle città, muovendosi tra topografia reale e topografia ideale, sul filo di quell’ideologia politica e culturale posta alla base della fondazione delle città. Così l’idea del centro risulta imprescindibile nell’Atene del V secolo a.C., «città rotonda» secondo Erodoto, dove il concetto stesso del «mettere in mezzo» rappresenta il motivo fondante della condivisione democratica. Nella descrizione utopica della città degli Uccelli di Aristofane, invece, la maldestra combinazione delle strutture urbanistiche genera un effetto comico che va a colpire le dispute architettoniche dell’epoca. Spostandosi poi nella Roma neroniana, la costruzione al centro della città dell’immensa Domus Aurea (che si sviluppa proprio a partire dalla rappresentazione scultorea di Nerone come Sole) sottolinea la volontà imperiale di creare una reggia che si identifichi con Roma stessa e che vi si espanda idealmente fino ad inglobarla. La novità dell’interpretazione di Musti consiste nell’aver messo in evidenza come la descrizione della Domus Aurea, redatta dal biografo Svetonio, sia direttamente ispirata alla descrizione dello Scudo di Achille, confermando il valore paradigmatico della rappresentazione iliadica.