Per Calvino la letteratura era un mezzo di conoscenza in grado di mettere in comunicazione linguaggi diversi, di problematizzare: in virtù di ciò Belpoliti lo considera uno dei pochi scrittori in grado di accompagnarci nel varcare la soglia del secondo millennio. Questa caratteristica sembra anche fare da premessa implicita a questo libro, strutturato come un percorso all’interno dello scheletro dell’opera dello scrittore ligure e una riflessione sui suoi motivi più tipici. Leggendo racconti, romanzi o saggi sull’arte e la letteratura, Belpoliti “sfoglia” così prima di tutto le metafore, il pattern di connessioni che compongono la vicenda di una scrittura tesa ad osservare se stessa e a coltivarsi come medialità pura. Sulla superficie di Palomar, Se una notte d’inverno un viaggiatore, Collezione di sabbia, il saggio dedicato all’arte di Paolini, La squadratura, le Norton Lectures e altre opere ancora, sono decantate e messe in relazione tra loro le strade assunte da Calvino, le quali, come evocato nel titolo, ruotano attorno al l’idea di conoscenza come atto visivo. Il ”mezzo” scrittura dunque, è tale in quanto sulla base di una identificazione di occhio e mente esplora il mondo e ne esegue una mappatura. Nell’articolazione di mondo, visto come meandro, come luogo non ordinabile e senza centro, e mappa, intesa come scrittura/ricamo e arborescenza che si dipana, si ritorce, sorvola e avvolge, a sua volta senza mai pervenire ad un centro, è il vedere a fare da perno, cioè il rapporto a distanza, la separazione dal meandro e dalle cose. Nell’unità o continuità di queste istanze la mente/occhio che percorre la discontinuità dello spazio e vede è “simile ad un foglio su cui i segni vanno e vengono e le linee sostano e s’allontanano; è lo spazio bianco, la superficie in cui allestire per «punti focali» (…) «linee, piani, volumi, colori, forme, universi»” (cfr. p. 227) e far fuggire via i pensieri e le immagini che ingombrano la visione. Si comprende come Calvino nel corso della sua vita si sia occupato di fotografia e non abbia mai smesso di confrontarsi con la pittura. Con quest’ultima ha intrattenuto un rapporto molto stretto allo scopo di riflettere sulla propria opera e sui meccanismi del pensiero, così come si è interessato alla collezione, elemento che incentiva lo sguardo e aiuta a dominare, riconducendo il molteplice a una regola e la dispersione del mondo in un luogo unico. Un modo di praticare il collezionismo (di oggetti, parole, elenchi) basato su un sapere indiziario che raccoglie “segni incorporei”, tracce, allusioni.