Chi parla per amore di Dio fa bene, e chi tace per amore di Dio fa bene ugualmente. Questo apoftegma di Poemen restituisce in maniera esemplare la natura complessa (dal punto di vista religioso, sociale e culturale) del monachesimo orientale. Lungamente analizzato alla luce di categorie interpretative apologetiche, egualmente discusso dalla storiografia protestante su basi teologiche, il fenomeno storico delle comunità dei monaci d’Oriente è oggetto di studi relativamente recenti, la cui nuova prospettiva scaturisce dal lavoro di Peter Brown sulla "costruzione" della santità nella tarda antichità. L’introduzione di Giovanni Filoramo, curatore del volume, enuclea la complessità teologica, sociologica e antropologica determinata dalla modificazione delle geografie umane del cristianesimo in Oriente. La natura spirituale e intellettuale del monachesimo orientale, certamente influenzata dalla filosofia greca, dalle tradizioni religiose preesistenti, dal giudeo-ellenismo e dal neoplatonismo, pone degli interrogativi che consentono di ricollocare la storia del cristianesimo in uno scenario storico reale, scevro dalla connotazione teologica – o teleologica – della tradizione storiografica che fino alla metà del Novecento ci ha restituito una sovrapposizione di piani interpretativi, rimescolando la storia e la sua risemantizzazione teologizzata. Il monachesimo nasce come effetto di un sistema plurale di concause, in cui la storia sociale, la storia della filosofia, la storia delle religioni e la storia geopolitica interagiscono a generare la necessità di riconfigurare la fisionomia ecclesiologica e l’articolazione territoriale della Chiesa. Ben lungi dall’essere una semplice forma di disseminazione rurale della fede cristiana, il monachesimo attesta la ricezione di istanze spirituali profondamente connotate dall’esperienza religiosa mediorientale e orientale, definendo una radice determinante della spiritualità cristiana. Il volume, che raccoglie numerosi sguardi focalizzati sulle esperienze monastiche in Egitto, Siria, Palestina e nella penisola anatolica, è arricchito da un saggio di Roberto Alciati che evidenzia l’essenzialità della riflessione teologica monastico-orientale per il cristianesimo romano, attraverso un’efficace analisi del pensiero di Girolamo e Rufino, di Origene ed Evagrio Pontico. Lo studio del cristianesimo ritrova in queste istanze di natura innanzitutto intellettuale la solidità di un pensiero religioso che interagisce con la costruzione dell’identità storico-culturale bizantina che costituisce, come attestano le profonde differenze tra le due tradizioni canonistiche, una venatura marcatamente spirituale di fronte al rischio di snaturamento (in senso istituzionalista) dell’ekklesia. La riscoperta e l’approfondimento della sensibilità e della tradizione del monachesimo orientale costituiscono, per noi, la possibilità di analizzare il cristianesimo delle origini travalicando i limiti della storia istituzionale e giuridica, cogliendo, nella profondità dell’elaborazione del pensiero, la fitta trama di contatti e contaminazioni che costituisce la fluidità e la ricchezza, forse inafferrabile, delle sensibilità religiose.