“Un diritto privo di qualsiasi richiamo alle emozioni è praticamente impensabile, ma allo stesso tempo tenerle in considerazione nella costruzione delle norme giuridiche è un errore”: tra queste emozioni l’autrice sceglie di analizzare il disgusto e la vergogna appunto per il loro rilievo nell’applicazione e redazione delle norme giuridiche e penali. Una comprensione chiara del contenuto di pensiero del disgusto dovrebbe renderci scettici circa l’opportunità di basarci su di esso per la costruzione di una legge. Il disgusto si associa strettamente alla paura della contaminazione provocata da comportamenti e gruppi sociali che si avvertono come estranei e ha provocato nel passato recente la distruzione di interi gruppi sociali e religiosi e la discriminazione di comunità di individui. Allo stesso tempo non bisogna dimenticare, avverte Nussbaum, che esso ha svolto un valido ruolo nello sviluppo dell’evoluzione umana, ma che non è affidabile per individuare le azioni da proibire, a causa del modo in cui dà adito alla costruzione di gruppi umani composti da surrogati dell’umanità. Gli esseri umani sono inquietati dalla condizione stessa dell’umanità, dall’essere creature intelligenti ma vulnerabili. Per difenderci da questa condizione sviluppiamo la vergogna per la fragilità e il disgusto per i segni della nostra animalità e mortalità. Queste emozioni possono trasformarsi in una fonte di problemi quando si associano a forme di sottomissione e di stigmatizzazione di gruppi da parte di un gruppo dominante. C’è bisogno di una concezione politica delle persone che tragga un senso dal fatto che noi tutti abbiamo corpi mortali e che ci troviamo tutti in uno stato di bisogno. L’educazione alla compassione dovrebbe contemplare in sé il pensiero della debolezza, della dipendenza e della disabilità che sono tipiche dell’umano: la compassione è un sentimento prezioso che una società liberale deve sfruttare e contribuire ed educare. Una società onesta non permetterà che il desiderio di stigmatizzare gli altri finisca per dirottare il processo legale e insisterà nell’offrire ai cittadini uguale protezione da parte della legge. La valutazione delle emozioni, conclude Nussbaum, rispecchia le norme di una società: quando una società si chiede in quali casi la paura e la rabbia dovrebbero essere ritenute ragionevoli, implicitamente la società si chiede quali siano i fatti e i valori a cui attribuire ragionevolmente grande importanza e le risposte a questa domanda viene tipicamente formulata nei termini dei criteri normativi correnti. È dunque probabile che queste valutazioni si modifichino in corrispondenza al cambiamento delle norme sociali.