Questo libro si presenta, fin dall'introduzione, come il manifesto programmatico di un'antropologia comparata e sperimentale della Grecia antica, pensata in aperta contraddizione con le scienze storiche di radicamento accademico, di cui è criticata la pretesa di tracciare un rapporto di diretta continuità tra la storia dei singoli Stati nazionali e un'eredità greca fortemente idealizzata. Obiettivo disciplinare, illustrato nel primo capitolo, è dunque di sottrarre l'esperienza greca alla propria incomparabilità, sottoponendola ad una revisione critica che, attraverso la lente comparativa, mostri l'inconsistenza del pregiudizio classicistico del miracolo greco. Un breve schizzo storico relativo alla scienza dei miti consente a Detienne di illustrare, nel secondo capitolo, i tratti salienti del metodo comparato, la cui peculiarità, da Lafitau fino a Lévi-Strauss, passando per Tylor e Frazer, viene rintracciata nella presa di coscienza della variabilità delle culture, alimentata dalle grandi esplorazioni geografiche di epoca moderna. Nei capitoli centrali (3-6) una serie di categorie peculiari del mondo greco antico viene concretamente sottoposta alla comparazione. Si parte dal problema della scrittura del mito (cap. 3): il nesso tradizione-scrittura-storicità viene ripercorso, attraverso una serie di esempi comparatistici, al fine di verificare in che misura la fissazione scritta di una tradizione orale possa incidere sulla costruzione di un determinato regime di storicità. Nel quarto capitolo, l'indagine comparativa della nozione di verità in Grecia antica viene ridiscussa in un serrato dialogo critico con quella pluralità di approcci – storico-filologico, ermeneutico, filosofico heideggeriano – diversamente ancorati al senso comune di un passaggio, senza soluzioni di continuità, dal mito alla ragione. Nel quinto capitolo sono focalizzate le nozioni di autoctonia e fondazione, come modalità opposte e complementari di "fare territorio", categoria comune in grado di assorbire al proprio interno uno spettro di esperienze variabili, dal mito ateniese dell'autoctonia a quello europeo dello stato nazionale.
Nel sesto ed ultimo capitolo, in forte polemica con l'idea di una continuità assoluta fra democrazia greca e democrazia occidentale, viene ridiscussa la categoria del politico, intesa nel senso comparativo di "volersi riunire insieme per discutere degli affari comuni". Nel congedo, alla presa di distanza dalle scienze storico-filologiche e dall'antropologia storica a vocazione esclusivamente antichistica, corrisponde la difesa dell'antropologia comparata contro la critica, venuta da più parti, di una possibile ricaduta nella nozione strutturalistico-essenzialistica di esprit universel.