Nel romanzo di Swift, Gulliver – invitato a visitare la Grande Accademia di Lagado – si sofferma nella scuola di lingue, in cui è in atto un’interessante riforma: «Considerando che le parole sono soltanto nomi che designano cose, converrebbe agli uomini portare addosso tutte quelle cose necessarie a esprimere i particolari negozi intorno a cui si propongono di parlare. C’è un solo inconveniente, che se i negozi da trattare sono molti e di diversa specie, si è obbligati a portare addosso un sacco enorme di oggetti». Un inconveniente ancor più grande per i sapienti che, per le molte cose da dire, sono quasi schiacciati dal peso dei loro sacchi «e simili ai nostri merciaiuoli ambulanti». Si apre con questa citazione l’opera di Claudia Bianchi, ma sarebbe ovviamente troppo complesso, ed euristicamente inefficace, parlare esibendo gli oggetti denotati dal linguaggio, per non dire delle enormi difficoltà nell’indicare oggetti ideali, proprietà astratte, relazioni tra stati di cose. Da sempre, l’uomo è dunque ricorso ad altre strategie, di cui la filosofia contemporanea del linguaggio si occupa diffusamente: dal modello codice al modello inferenziale e alle teorie della pertinenza, dal minimalismo al letteralismo e al contestualismo, il volume passa in rassegna le principali teorie del linguaggio nella certezza che occuparsi dello strumento cui l’uomo ricorre per comunicare conduca a problemi filosofici, oltre che linguistici. Testimone primo della possibilità di una rigorosa analisi del linguaggio che si situi sul versante filosofico è H.P. Grice (1913-1988), il filosofo di Oxford le cui teorie, scrive l’autrice, «presentano indubbiamente punti deboli e incoerenze, tuttavia costituiscono un riferimento imprescindibile non solo per la riflessione in filosofia del linguaggio, ma anche in filosofia della mente, linguistica, analisi del discorso, semiotica, scienze cognitive». Proponendo una scansione tra l’opera di Grice e autori post-griceani, Claudia Bianchi presenta sia una storia critica della pragmatica cognitiva contemporanea (Grice, i teorici della pertinenza Dan Sperber, Deirdre Wilson, Robyn Carston, il contestualista François Récanati, un quasi-contestualista come Kent Bach, e molti altri), sia una riflessione concreta e incisiva su che cosa significhi “pragmatica”: alternando definizioni astratte e complessi esempi dalla letteratura, dal cinema e dal giornalismo, Pragmatica cognitiva spiega come e perché non bastino una “sintassi” e una “semantica” né per definire il linguaggio né per esprimersi.