All’interno della produzione di Georg Simmel spiccano i ritratti di alcune personalità della cultura che costituiscono referenti privilegiati della sua riflessione. Celebre è la monografia su Rembrandt (SE, Milano 1991), in cui Simmel “applica” i suoi principi teorici per rivelare nelle pieghe dell’individuo i caratteri di un’antera epoca. Dal punto di vista teoretico, però, ancora più rilevanti sono le ricostruzioni dei “sistemi” filosofici con i quali Simmel ripetutamente si confronta nel tentativo di profilare non solo una eziologia, ma anche una diagnosi della cultura moderna. Tra queste figure risaltano Kant e Goethe, ma non v’è dubbio che Schopenhauer e Nietzsche costituiscano per Simmel termini di paragone altrettanto rilevanti per lo sviluppo del pensiero moderno. In queste conferenze Simmel non ricerca una obiettività di ricostruzione del tutto ipotetica. Assai più importante è, per lui, mettere in rilievo aspetti che si dimostrano centrali in quanto vengono colti per il tramite di domande sorte in un preciso quadro speculativo. Scrive infatti Simmel: <> (p. 15).La peculiare prospetticità del ritratto, teorizzata altrove da Simmel in saggi di argomento estetico, o delle forme rispetto alla vita, tema caro alla metafisica simmeliana, viene qui fatta valere anche in ambito “storiografico-filosofico”. E’, dunque, nella prospettiva di una diagnosi critica della modernità che vengono interrogati sia Schopenhauer che Nietzsche (pp.17-32).Nel caso di Schopenhauer, Simmel segue il tracciato della sua opera maggiore, recuperando la vitalità dei nuclei teoretici principali anche, però, al di là della costrizione sistematica che nel pensiero schopenhaueriano ne limitano l’efficacia. Più complesso è invece il pensiero simmeliano sul pensiero di Nietzsche, il quale non offre evidenti appigli sistematici. La differenza di stile tra i due attori non è che il sintomo, per Simmel, di un fondamentale passaggio (da una posizione assoluta a una posizione radicalmente relativa) che si verifica tra l’uno e l’altro filosofo. Ciò esige l’adozione di differenti strumenti di indagine anche da parte dell’interprete. Solo in tal modo è possibile valutare in maniera non dogmatica il motivo della profonda separazione tra il pessimismo di Schopenhauer e il <> di Nietzsche (pp.257-259).