I testi di Emerson sono sempre attraversati da una tensione ineludibile tra la fiducia in se stessi (con il bisogno di isolamento avvertito dall’individuo) e le istanze sociali che, soprattutto nel moderno, definiscono l’individuo a partire dalla relazione con l’alterità. Questa tensione si dispiega anche in Società e solitudine (il primo dei saggi qui raccolti, che conferisce il titolo al volume), in Vita e letteratura nel New England e in ognuno degli Essays – Amicizia, Doni, La superanima, Carattere – pubblicati a Boston negli anni Quaranta dell’Ottocento, qui tradotti per la prima volta a cura di Nadia Urbinati. Nonostante lo spirito moderno sia dalla parte dell’individualità, Emerson mostra benevolenza verso i progetti che guardano in direzione della socialità, mettendo però in guardia da eccessi comunitari: l’uomo di «carattere» mira infatti all’autosufficienza, ma su questo fondamento si apre la possibilità di una proficua interazione sociale. Lo sfondo metafisico su cui Emerson inserisce la sua interpretazione del rapporto tra individuo e società è l’idea neoplatonica di una «superanima» in cui l’essere particolare di ogni uomo è contenuto e reso tutt’uno con gli altri. Questa concezione metafisica emersoniana caratterizza anche la sua interpretazione della Rivoluzione americana e degli Stati Uniti: il Nuovo Mondo, a differenza del Vecchio continente, non ha conosciuto l’ordine politico monarchico ma si è costituito in ordine politico come una confederazione repubblicana. Si è trattato dunque di un’unione basata su di una «cooperazione involontaria» o, per dirla con Kant, su di una insocievole socievolezza, non dettata dalla ragione ma da un’anima naturale che nell’agire eccede la portata del singolo: «un giorno vedremo che l’energia più privata è l’energia più pubblica». Questo agire che eccede la portata del singolo si dispiega nell’ombra, come quello che, secondo Emerson, avveniva con il platonico anello di Gige nel momento in cui conferiva il potere dell’invisibilità velando le reali nonché cattive intenzioni degli uomini, altrimenti mascherate nella vita collettiva poiché visibili e suscettibili del giudizio altrui. Emerson riconduce perciò la riflessione sull’azione del singolo in rapporto alla collettività e ne valuta in profondità le ragioni, le relazioni, i doni reciproci, le finalità e il carattere come se l’individuo indossasse l’anello. Dal momento che «la Natura si compiace di porci a metà fra due estremi», Emerson propone una soluzione che concerne l’attitudine dell’individuo a disporsi «sulla diagonale», ossia di stare a metà tra la solitudine e la società.