La metafora che da il titolo a questo saggio su Davidson vuole sottolineare l’importanza delle differenze culturali nel processo interpretativo. Partendo da un’analisi attenta e rigorosa della teoria davidsoniana dell’interpretazione, che mette innanzitutto in evidenza le questioni fondamentali dell’indeterminatezza della traduzione, della circolarità tra fenomeni semantici ed epistemici e dell’ olismo, Sparti arriva a rilevare nel programma del filosofo americano una tensione interna, un contrasto tra due differenti progetti semantici. A un orientamento di tipo razionalistico (il progetto ermeneutico-narrativo che si esprime nel principio di carità) si contrapporrebbe, in particolare negli scritti più recenti, un atteggiamento esternalista (il progetto realistico-casuale, che enfatizza maggiormente il rapporto tra stati mentali e mondo). Per l’autore, il contrasto non risolto tra questi due aspetti finisce per inserire la proposta di Davidson in quella tradizione “convenzionalista” che lo stesso filosofo vuole superare. Non solo: come può la teoria dell’interpretazione formulata da Davidson giustificare quei casi che non corrispondono alle caratteristiche di razionalità che il principio di carità esige? La parte più interessante e innovativa di questo saggio consiste proprio nella risposta a questa domanda, che mette in gioco l’esperienza dello straniero, “a cui chiunque è sottoposto in situazioni di incertezza, di conflitto o di cambiamento”. L’autore vuole cioè mostrare come il criterio dell’intertraducibilità risulti parzialmente inadeguato, non essendo in grado di concepire quegli “intoppi interpretativi” (i cosiddetti breakdowns di comprensione) che non solo generano una difficoltà ermeneutica nell’interpretante, ma soprattutto garantiscono la formazione della nostra identità culturale. Il confronto tra la teoria davidsoniana e la tesi di Wittgenstein sulle regole (per cui 2il comprendere è un prodotto ordinario della nostra interazione costante con la comunità”) rivela così la fondamentale insufficienza del progetto interpretativo, al quale Sparti propone di sostituire l’idea più ampia del “comprendere”, un’idea che, anziché sopprimere le differenze in nome dell’esigenza di una “coincidenza cognitiva”, vuole mantenere la necessità dell’altro e dell’ineliminabile categoria della dualità.