In Tempo della vita e tempo del mondo, Blumenberg rinviene nell’opera di Husserl, in particolare nelle pagine di La crisi delle scienze europee dedicate alla “grande metafora della fondazione originaria” (p. 351), una forma di platonismo che trova motivo di distinguersi in ragione della svolta husserliana verso una fenomenologia genetica. L’ambito in cui viene collocata l’analisi del platonismo husserliano è quello della storia della consapevolezza della brevità della vita. Se il tempo di una vita non è sufficiente a esaurire la conoscenza del mondo, allora la significatività dell’esperienza individuale non può che risiedere nella formalizzazione di un metodo scientifico e filosofico in grado di uniformare un patrimonio di dati di fatto altrimenti non comprensibile dalla generazione successiva, la quale dovrà compiere un nuovo passo lungo un cammino comunque infinito. La sproporzione tra tempo della vita e tempo del mondo è perciò risolta a favore di un soggetto sovrastorico, svincolato dai limiti della vita individuale e ridimensionato secondo le necessità di una sincronia con il tempo del cosmo. Tuttavia, ciò comporta un’ulteriore discrepanza, la quale emerge nel rinvenire nella memoria la fondazione originaria del vissuto e l’orientamento dell’attesa del futuro. In essa diviene evidente quella separazione tra esperienza e aspettativa, intesa come teoresi e previsione scientifica, che secondo Blumenberg definisce la storia (p. 83) e che comporta il fallimento della donazione di senso operata dal platonismo: di fronte a un compito infinito, già dato nell’atemporalità costitutiva delle idee, la vita dell’individuo scompare nell’indifferenza. Tuttavia, il risultato della riduzione eidetica rivela l’imprescindibilità di ciò che con esso viene sospeso: il mondo della vita, il quale non necessita di una teoria che lo comprenda poichè “esse si comprende da sé” (p. 36). Ciò comporta la necessità di stabilire «come il concetto statico di un “mondo” di oggetti ideali e intuitivi debba poter essere compatibile con il concetto genetico di una soggettività che costituisce ex novo tali oggetti» (p. 412). In altri termini, riconoscendo che l’idea non è preesistente la sua attualizzazione – nello stesso modo in cui viene “vissuto qualcosa che era rimasto non vissuto” (p. 40), che seppur riconosciuto come “dato” non può più essere indifferente – Husserl consegue una variazione dinamica del platonismo che, nell’analisi di Blumenberg, rimanda al problema della legittimità della tecnica e della retorica (cfr. La realtà in cui viviamo, Milano, Feltrinelli, 1987) restituendo significato alla vita dell’individuo.