L’opera di Cross segue l’evoluzione del consumismo dalla fine del secolo scorso al secondo dopoguerra negli Stati Uniti, in Gran Bretagna e in Francia. Le tre nazioni percorrono strade differenti segnate però da una medesima ricerca di equilibrio tra tempo e denaro, anche se i due paesi europei hanno lungamente posto veti al consumo di massa, in nome di un”opposizione all”americanizzazione (con i suoi divertimenti passivi e il tradimento del mercato erudito) che ha anche lasciato spazio a teorie che mettevano in rilievo i temi puramente negativi del consumismo (degradazione culturale, costruzione di bisogni guidati dal mercato, esplosione delle dinamiche di emulazione in una società caratterizzata dalla mobilità) e che quindi hanno distolto l”attenzione dall”analisi del nuovo uso del tempo. L”autore, che insegna Storia alla Pennsylvania State University, vuole fare luce sui motivi per i quali si è stata avvertita una penuria di tempo (e di denaro) proprio nel bel mezzo di un’età di abbondanza e rileva come il tempo sia stato oggetto di una lotta economica che puntava oltre il luogo di lavoro, in direzione di un dibattito pubblico sulla cultura, e che ha contribuito alla transizione da una battaglia condotta su un terreno strettamente politico verso una lotta combattuta in campo culturale. La prosperità garantita dalla crescente produttività permetteva di liberare i lavoratori dalla disciplina del lavoro: in realtà il movimento per la riduzione dell”orario di lavoro ha gradualmente lasciato il posto alle richieste di aumento del salario. Furono in pochi a capire che il tempo libero era un prodotto dell”industrializzazione, tanto quanto il consumo. Quando si avvertì l”esigenza di una redistribuzione del tempo libero, negli anni tra le due guerre, si giunse a elaborare una “ricreazione democratica” che da un lato risultò essere una diversa forma di controllo sociale e dall”altro era una sfida alla commercializzazione del tempo libero, offrendo dei modelli di interazione sociale al di fuori delle istituzioni statali e del luogo di lavoro. Il movimento per la ricreazione pubblica non riuscì però a competere con l”industria del divertimento e dopo il 1945 essa divenne parte di un più ampio programma di espansione economica. Si fece strada l”idea che la realizzazione personale passasse attraverso il consumo, che soddisfacesse bisogni sociali radicati, compromettendo i rapporti sociali. Il tempo sottratto al lavoro non si trasformò in tempo riscattato ai beni di consumo, cosicché gli stessi lavoratori parteciparono attivamente alla formazione della società dei consumi.