Il pensiero di Donald Davidson è da tempo tra i più discussi nell’ambito della filosofia analitica. Discepolo di Quine, della cui concezione olistica rifiuta il dualismo di schema e contenuto (cfr. Sull’idea stessa di uno schema concettuale, qui alle pp. 263-82), Davidson ha disseminato nell’ultimo trentennio in numerosi saggi e articoli una teoria del linguaggio speculare all’idea wittgensteiniana dell’esatta corrispondenza tra enunciato e fatto. Più vicino alla concezione antisistematica del Wittgenstein delle Ricerche Filosofiche, per il quale il significato delle parole consiste nel loro uso, Davidson elabora in questa raccolta la nozione di interpretazione radicale, la quale afferma che la comprensione del discorso di un parlante non dovrebbe prescindere da elementi extralinguistici, incluse le sue intenzioni e credenze. Perciò, una corretta interpretazione di ciò che il parlante proferisce deve ammettere il massimo accordo tra chi parla e chi ascolta: il che significa, in altre parole, fare riferimento al “Principio di carità”, espressione di un atteggiamento per cui l’interprete si propone di reputare vera e complessivamente coerente la maggior parte degli enunciati proferiti dal parlante. L”ipotesi olistica di Davidson con la sua messa in relazione di enunciati e comportamento, rientra in un più ampio progetto di teoria dell’azione, per cui alla base del nostro agire e del nostro comunicare vi è un complesso sistema di credenze e desideri, che solo una adeguata interpretazione (in questo senso radicale) può rendere esplicito. Ma il filosofo americano si spinge anche più in là: nel saggio Comunicazione e convenzione, che chiude il volume, egli arriva ad affermare che “la comunicazione linguistica non richiede una ripetizione governata da regole”, contrastando in questo modo una tradizione che da Frege prosegue fino a Austin, Searle e Dummett. La convenzionalità del linguaggio, e il suo essere retto da norme, non risiederebbe altro che nel suo costituirsi come pratica sociale, la quale non esige regole necessarie alla comunicazione. La filosofia del linguaggio di Davidson, opponendosi radicalmente alle idee di convenzionalità linguistica e autoreferenzialità semantica apre nuovi orizzonti teorici nell’indicare una via per una teoria del significato ipotizzabile solo all’interno della comunità dei parlanti. Davidson insegna alla University of California di Berkeley ed è autore anche di Azioni ed eventi, Bologna, Il Mulino, 1992. Su Davidson ha curato importanti raccolte di saggi E. Lepore: cfr. Actions and Events. Perspective on the Philosophy of Donald Davidson, Oxford, Blackwell, 1986 (con B.P.McLaughlin) e Truth and Interpretation. Perspectives on the Philosophy of Donald Davidson, ivi, 1986.